sabato 26 marzo 2011

A VEGLIA CON ALI DI LUNA Vinci 1 aprile 2011

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La veglia con il poeta e saggista empolese

Massimo Corsinovi

" il poeta del silenzio "

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Monica Turoni, arpa

. VINCI, BIBLIOTECA LEONARDIANA (g.c.)

01 aprile 2011 H. 21,15

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Al termine degustazioni del vino vermiglio di Vinci,

a cura del CONSORZIO COLLINE DI VINCI

Venerdì, 1 aprile 2011 alle ore 21,15 torna a Vinci la veglia poetica nella Biblioteca Leonardiana (g.c.) con il poeta e saggista empolese, Massimo Corsinovi. Diplomato al Liceo Pontormo di Empoli e laureato in Lettere all’Università di Firenze, ha al suo attivo collaborazioni con la RAI, la «La Nazione» e varie riviste. Lavora alla Redazione della Rivista di Ascetica e Mistica dei padri domenicani nel convento fiorentino di S. Marco. Numerose le sue opere e pubblicazioni, dall’esordio, ancora studente, di Segni sul limitare, prima raccolta di poesia degli anni Ottanta all’ultimo L’infinito anelando. Clemente Rebora poeta e testimone di Cristo, Edizioni Nerbini, Firenze 2010. Due testi che rappresentano molto bene due dei grandi interessi dell’autore empolese, la poesia e lo studio critico dell’opera di Clemente Rebora. Significativo è il titolo della veglia, Ali di luna, ispirata ad una sua raccolta di poesie del 2006, edita da Polistampa, che ha ottenuto numerose recensioni a livello nazionale, anche per una forma poetica che non sembra avere riscontri nella storia della poesia contemporanea. Come è stato fatto notare la parola di Massimo Corsinovi proviene « direttamente dal silenzio: attimi di meditazione che riportano allo stato primordiale delle cose, liberandole definitivamente dal superfluo del quale l’Universo è pieno. Il grande Mario Luzi lo ha definito per l’appunto “il poeta del silenzio”, quasi a sottolineare la morbidezza dei versi dell’autore corroborati però da una forza e un valore carichi di tensione contemplativa». La sua poesia, come sottolinea Sergio Givone è quindi anche «una capacità, una forza, un’energia, una vera e propria potenza del linguaggio, che riesce a sprigionare dal linguaggio stesso un incanto, là dove sembrerebbe impossibile ritrovarlo, l’incanto, nel nostro mondo disincantato».

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La prossima veglia vinciana si presenta quindi piena di nuovi contenuti e significati, pur mantenendo lo stile e la forma dei precedenti incontri. L’accompagnamento musicale sarà curato dall’arpista Monica Turoni, diplomata al Conservatorio di Pesaro, perfezionatasi all’Accademia S. Cecilia di Roma, alla Chigiana di Siena ed infine presso l’ Indiana University di Bloomington (Usa). Ha fatto parte dell’Orchestra Giovanile Italiana della Scuola di Musica di Fiesole, ha collaborato con l’Orchestra Collegium Musicum dell’Università di Bologna, l’orchestra Bruno Maderna e la Filarmonica delle Marche. Nello stile delle vecchie veglie, il Consorzio Colline di Vinci concluderà l’incontro con una degustazione dei vini vermigli del Montalbano. Dalla poesia degli uomini si passerà a quella della terra, secondo una famosa definizione di Mario Soldati. L’abbinamento poesia e vino si è rivelato una intuizione molto felice, come hanno dimostrato i precedenti incontri, che con grande semplicità, naturalezza e cordialità hanno fatto riemergere una delle facce più belle, antiche e nobili, di un territorio ancora ricco di esperienze, iniziative e voci, purtroppo talvolta poco conosciute e comprese. La veglia poetica sta quindi diventando un nuovo percorso di avvicinamento, aperto a tutti, alla conoscenza e alla comprensione di una forma espressiva che, seppure antica, è oggi relegata a “cenerentola” dell'editoria. Forse sarà anche per tale condizione di svantaggio che rimane uno dei linguaggi più nuovi ed interessanti, ricco di autori, stili e forme, come dimostra anche l’opera dei poeti già presentati, Giuseppe Grattacaso e Marco Cipollini. L’organizzazione della sera è come sempre a cura della Commissione Cultura della Zona Pastorale del Montalbano con il Patrocinio del Comune e della Pro Loco di Vinci. L’ingresso è libero.

. Sera in paese


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Il campanile si posa

sulla mia malinconia,

un vecchio si allontana

nel vicolo semideserto

prendendo per mano

il sorriso di un bimbo

affacciato a una finestra

e l'ultimo raggio di sole

seduto sopra il tetto.

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da Segni sul limitare, 1979

Deflagra di silenzi

la sera mentre tutto

di luna s'infiora.

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da Ali di luna, 2006

Fonte: Commissione Cultura Vicariato Montalbano Occidentale

venerdì 25 marzo 2011

IL POPOLO DELL'ANNUNZIATA, VINCI 25 MARZO

Particolare dell'Annunziata ( Fra Paolino da Pistoia ?)

IL SANTUARIO DEI CENTENARI
La SS. Annunziata di Vinci
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1.10.1911 - 1.10. 2011
Cent’anni del campanile dell’Annunziata, progettato e costruito grazie all’opera e al contributo della famiglia Orazio Tamburini di Vinci. L'inaugurazione del campanile, dotato di tre campane, una di antica data, una dell'allora proposto Olinto Bellini e la terza del munifico Tamburini, avvenne esattamente il 1 ottobre 1911.
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16.05.1612 – 16.05.2012
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Quattrocento anni dalla benedizione del nuovo oratorio dell’Annunziata.
Un vecchio tabernacolo con i finanziamenti del popolo e dei maggiorenti di Vinci venne dal 1610 trasformato in oratorio e poi benedetto, come da successiva attestazione del Vescovo di Pistoia :“fuit benedictum a D. Vicari Ludovico de Landinis, die 16 maii 1612.” –( cfr. R. Cianchi, Vinci Leonardo e la sua Famiglia, Milano, 1953, pag. 16). Grazie alle cospicue somme di un lascito testamentario del 1615 da parte di un benemerito cittadino illustre, Bartolomeo di Domenico Santini, Ministro e Agente dell'Ospedale di Bonifacio, la piccola Chiesa ebbe anche un cappellano nel Parroco della vicina Streda. ( A. Mazzanti, Il piccolo Santuario della Madonna, Pistoia 1924)

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Vinci, 1912 - La prima immagine del Campanile dell'Annunziata
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Due eventi e due centenari molto importanti per l’attuale Santuario Mariano e per il popolo di Vinci, sia dal punto di vista religioso, storico ed artistico.
Entrambi segnano un momento di passaggio e di crescita.
Il primo l’estensione del paese dalle vecchie mura medievali verso la pianura (il “piano” della Madonna come viene ancora oggi chiamato dalla gente) con il contributo del popolo e dell’allora Consiglio dei Nove; il secondo l’urbanizzazione effettiva della parte bassa del paese all’inizio del Novecento, con le abitazioni ancora oggi esistenti e la costruzione del campanile come punto di riferimento, centro nevralgico nel crocevia di popoli, diocesi e strade.
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Il campanile dell'Annunziata - Nevicata del 2009
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Il culto dell’Annunziata è sempre stato molto sentito a Vinci e documentato con testimonianze ancora oggi visibili, dalla cosiddetta casa dell’Annunziata nell’antica piazza del Mercatale (oggi Piazza Leonardo) all’antico oratorio dell’Assunta, poi detto dell’Annunziata, probabilmente proprio con l'arrivo del bellissimo quadro dell'Annunciazione, attribuito da alcuni studiosi a Fra Paolino da Pistoia, della cui committenza e provenienza ancora non sappiamo

Gangalandi

giovedì 17 marzo 2011

IL MIRACOLO VINCIARESE DEL TRICOLORE !

Vinci, 17.3.1861 - 17.3.2011
VERSO L'ANNIVERSARIO DELL'UNITA' D'ITALIA
(V parte)
ò
LA BANDIERA ITALIANA
L
Ogni figlio italiano, che in petto
serbi un cor veramente italiano,
del più caldo santissimo affetto
palpitare a tal vista dovrà.
De’ colori più belli dell’iri
si compone quel santo vessillo,
or chi fia che ondeggiar lo miro
o che l’alma non senta infiammar?
Il vermiglio ti dice che il core
arde in petto del prode italiano,
ed il bianco ti addita il candore
e la fé di chi vola a pugnar.
La speranza d’Italia è nel verde:
finalmente vi trovi scolpita
la speranza che l’ultima perde
chi s’accinge la patria a salvare.
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Cantata in un teatro di Firenze nel 1848
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Un miracolo della bandiera tricolore
Un aneddoto risorgimentale
e una tradizione vinciarese,
tra storia e leggenda
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Vinci, 27 aprile 1859.

Il paese mangiava, era anzi al principio del chilo, quando non si sa nè come nè da qual parte, arrivò la notizia della partenza del Granduca da Firenze, con molti particolari del meraviglioso avvenimento. Fu come dar fuoco ad una mina ! I liberali veri e quelli improvvisati, lasciata la tavola o il letto, sbucarono fuori primi, come per incanto; poi tutti. Sbucarono coccarde, sbucarono suonatori, sbucò una bandiera tricolore e fu fatto sbucare anche il guardiano della bruna torre medioevale ( un certo Millo, fabbroferraio, adoratore di Bacco, lungo, storto e tutto tinto di nero), il quale, insieme con le chiavi del maestoso rudere, aveva l’incarico di suonare il campano nelle grandi solennità e tutte le volte che occorreva chiamare a consiglio i patriarcali padri della patria.
La bandiera fu portata in torre e dietro a lei una lunga antenna sulla quale, dopo una mezz’ora, mescolando i suoi schiocchi con la voce del campano che chiamava a festa le campagne, essa incominciò a sventolare, giovine e allegra, dentro un sereno di paradiso.
Un branco di ragazzi, fra i quali il sottoscritto ( Renato Fucini, giovinetto fra i 15 e 16 anni), ci fogammo dietro ai portatori della bandiera e dell’antenna fino all’alto della torre; e di lassù incominciammo a mandare battimani e strilli di gioia al popolo radunato che ci rispondeva e ai malfattori che giù, in piazza, dato fiato alle trombe, assassinavano inni patriottici disperatamente.
Millo, dopo desinare era, secondo il solito, un po’ alticcio; per cui partecipando anch’egli alla gioia generale, rispondeva alle acclamazioni che salivano dalla piazza, urlando, smanacciando e ballonzolando, da uomo che ci aveva confidenza, sulla cimasa del parapetto.
Ad un tratto, un urlo di terrore si alzò sulla torre e nella piazza, il campano e gli strumenti di lavoro tacquero, e tutti gli occhi furono rivolti al corpo sgangherato di Millo, il quale, sdrucciolando e cadendo, era rimasto in bilico su quel muro, alto da terra una trentina di metri, dove, col capo fuori e le gambe dentro, rimase per qualche secondo ad oscillare, fra la vita e la morte. Due o tre dei più animosi si avventurarono per agguantarlo, ma quel raccapricciante oscillamento durò così poco che non furono in tempo. Millo scivolò nel vuoto, e, quasi nello stesso istante, scoppiò un nuovo urlo disperato, si udì un tonfo, uno sgretolìo di tegoli e poi il silenzio.
Successe un momento di esitazione; quindi giù tutti a precipizio per le scalee.
Appena incamminatomi per la scesa che mena alla piazza, le prime persone che incontrai, per farmi ricordare che ero vivo, furono: mio padre che accorreva per dar soccorso materiale; il proposto che portava i suoi conforti spirituali, e un parente del caduto, il quale correva tenendo in mano un corbello per metterci dentro (come disse poi a chi gli domanda la ragione di quel corbello) le ossa di Millo.
Millo era cascato sopra un tetto. Sfondato il tetto, la Provvidenza lo aveva fatto precipitare sopra un letto dove era a dormire un disgraziato, il quale poco mancò che non morisse dallo spavento al rovinio di carne umana, travicelli e di tegoli che gli scaricò addosso, svegliandolo.
Millo, incontrati fuori della porta, il medico, il prete e il parente del corbello, chiese loro, per carità, un bicchiere di vino perché il suo disturbo era stato così grozzo che quasi non si reggeva più sulle gambe.
Incerottate alla lesta le poche sgraffiature che aveva nel viso, Millo andò sollecito a casa a rifocillarsi, i musicanti e il popolo furono presi da nuovo accesso di furore patriottico, e la bandiera continuò a sventolare maestosa nell’immacolato sereno della sua Italia.

Renato Fucini, da Un miracolo della bandiera in Acqua Passata, 1918

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L'ex-voto di Millo, Vinci

MILLO BRIA'ONE, IL CECCO SANTI DEL 1861 ?

Il volo di Cecco Santi, manifestazione folkloristica comune a molti paesi della Toscana, dalle origini storiche tuttavia ancora molto incerte (a Vinci sembra iniziata soltanto nei primi dell’Ottocento), ha assunto una propria autonoma leggenda popolare, peraltro legandola indissolubilmente al “vino di Vinci” e alla vicenda umana di Millo, cosí come viene riportata dalla tradizione orale. Il fatto a cui ci si riferisce viene ripreso nelle cronache locali, trascritto nel 1872 dall’Uzielli e dal Signorini nelle celebri note di viaggio a Vinci (i quali accomunano la manifestazione, “per bocca” di un ragazzo vinciano, allo storico volo di Empoli); riportato dal Fucini in un racconto con risvolto patriottico, seppure datandolo al 27.04.1859 (per cui Millo “adoratore di Bacco” sarebbe caduto mentre andava a sventolare il tricolore sabaudo, dopo la partenza dell’ultimo Granduca); annotato da don Quirino Giani, lo storico priore di Santa Lucia nei primi del Novecento, che riporta tuttavia l’episodio al Volo di Cecco Santi del 1861, in occasione della festa della Santa Trinità del 26 maggio 1861.
Secondo quest'ultima versione un certo Filippo Fabbrizzi, soprannominato Millo, “ un fabbro lungo lungo, magro allampanato e bevitore impenitente “ , che per l’occasione svolgeva la funzione di “campanaio” in su la torre di Vinci (questo secondo il Signorini, che ne faceva anche un piccolo disegno), ormai ubriaco a causa delle soverchie libagioni di vino offerte al fantoccio, ma da lui consumate, precipitava al di sotto del cassero, sfondava il tetto di una camera e per la botola di essa andava a finire, ruzzolando, nella cucina sottostante di un certo Bruschino, giacente infermo in una piccola camera, ove Millo pressoché illeso dal volo fece cosí stranamente il suo ingresso.
La gente gridó al miracolo e volle addirittura che ne fosse perpetuata la memoria in un quadretto ad olio ex voto per l’altare del SS. Crocifisso, ancora conservato nella Chiesa propositura di Vinci.
I men credenti “ - conclude don Quirino – affermarono che l’ampia camicia di Millo, gonfiatosi a piú non posso durante la caduta, lo salvó da certa morte, funzionando mirabilmente da paracadute”.
I piú burloni invece hanno tramandato e attribuito la sua salvezza all’indubbia forza salvifica del vino di Vinci, grazie al quale il protagonista Cecco – Millo, come in una sorta di supremo giudizio divino, dopo quello funesto e goliardico degli uomini, riusciva a scampare da una rovinosa fine
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N. Baronti: Appunti per una storia del vino di Vinci da www.grappina.it

Vinci, 17.3.2011

Quale versione sia più attendibile non è dato sapere, tuttavia dall’ex-voto ancora conservato presso la Propositura di Vinci sopra la vecchia torre sventola la bandiera tricolore di cui alla memoria del sor Renato : “giovine e allegra, dentro un sereno di paradiso” .
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Terrazzino vinciarese, 17.3.2011
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Buon Compleanno, Italia

mercoledì 16 marzo 2011

LA FESTA DELLA POESIA , SAN MINIATO 2011

Johm Poynter: Erato, Musa della Poesia amorosa
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SAN MINIATO
CITTA' DELLA POESIA
La festa internazionale della Poesia
San Miniato, 19.3.2011 h. 17
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Festa della poesia, sabato 19 marzo 2011 (inizio ore 17), nella sala del Consiglio Comunale a San Miniato. L’evento si inserisce nella rassegna “Sabato d’Autore”, organizzata dal Comune con l’Associazione Fiera del libro toscano, e nella giornata mondiale della poesia, voluta dall’Unesco, ogni anno, all’inizio della primavera.
Nell’occasione, verrà proposto d’eleggere San Miniato “città della poesia”.
In nome di Giosuè Carducci, Mario Luzi, Dante Giampieri, ma anche dei fratelli Taviani, dell’Istituto del dramma popolare e degli artisti che vi operano: tutti portatori di poesia.

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La festa, che vede la collaborazione dei “creativi” della rivista Erba d’Arno, si articola in cinque momenti, scanditi da altrettanti autori, con intermezzi di musica classica eseguiti, con la chitarra, da Stefano Attori, giovanissimo, ma già apprezzato musicista.
Inizio con un giovane poeta: Lorenzo Mandalis. Frequenta la Facoltà di lettere moderne all’Università di Pisa, oltre che lavorare in una libreria livornese, una delle più antiche d’Italia.
A seguire, in ordine alfabetico, Nicola Baronti, di Vinci. Avvocato, è il coordinatore del progetto culturale “San Pantaleo e Caterina” e di “Natale a Vinci e sul Montalbano”. Tra le sue opere, “La via di Caterina. Il mistero della madre di Leonardo”, “Il Governatore delle acque” e “La Befana vinciarese”.
Quindi, Marco Cipollini, fucecchiese di nascita ed empolese d’adozione. E’ tra i fondatori della rivista “Erba d’Arno”. Numerose opere all’attivo, a partire dal 1981. Citiamo “Rose d’eros”, “La Passione”, “L’amante fantasma”, “Kore”, “Sirene” (poema in cinque libri) e “Inni trinitari”.
Quarta proposta. Valerio Vallini. Nato a Ponte a Egola, poeta, giornalista e animatore culturale, ha un carnet molto denso, iniziato nel 1967 con “Diario di un pazzo”, seguito da “Immagini dal vetro”. Quindi: “Viaggio obbligato”, “Andar per versi”, “La corda tesa”, “Fra le ali dell’angelo” e, ultimo in ordine di tempo, “In riva d’Arno e oltre”, che raccoglie gli scritti giornalistici.

Carducci a San Miniato

Conclusione con un omaggio a Dante Giampieri. Lettura di brani e versi delle sue opere, a cura dell’Associazione culturale capannese, e l’intervento dello scrittore ed editore Aldemaro Toni. Il quale, nel 1987, pubblicò con la collaborazione del Comune di San Miniato, nei quaderni dell’Erba, l’antologia “Per Dante Giampieri”. Antologia che vede insieme Alessio Alessi, Luigi Baldacci, Manlio Cancogni, Mario Luzi, Piero Malvolti, Marinella Marianelli, Giuseppe Nicoletti, Mario Novi, Alessandro Parronchi, Piero Santi, Silvano Tartarini e Aldemaro Toni: tutti a parlare, con cognizione di causa, di un poeta e narratore di vaglia, nato a San Miniato il 1° aprile 1919 e morto a Firenze il 12 ottobre 1985. Non scrisse molto, ma tutto degno d’essere ricordato. Citiamo: “Fiori di serpe”, “Poesie”, “La ragazza di Castelfranco”, “L’amore di Martin Dolce e Serafina”.

Mario Luzi a San Miniato

Fonte: Comune di San Miniato


venerdì 11 marzo 2011

IL GARIBALDINO VINCIARESE, VINCI 1867

Il Garibaldi, Vinci
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Verso il 150^ anniversario dell'Unità d'Italia (IV)
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GARIBALDI BACIA TUTTI
Il soggiorno vinciarese, 1867
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Siamo al quarto post dedicato al periodo risorgimentale vinciarese. Nel senso della continuità, essendo il precedente terminato al grido : Garibaldi ! Garibaldi!, riportiamo altre cronache ed aneddoti legati al soggiorno vinciarese di Giuseppe Garibaldi, anche in questo caso i cronisti sono autori illustri del tempo.
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Quando Giuseppe Garibaldi era convalescente della sua ferita d’Aspromonte, venne a Vinci dai suoi amici Martelli vi si trattenne qualche giorno per rimettersi in salute. Lo accompagnavano alcuni della sua famiglia. Tolto il piacevole disturbo di frequenti arrivi di suoi ammiratori che capitavano a Vinci dalle regioni più remote del mondo, faceva lassù vita tranquillissima. Si alzava presto, e presto andava a letto. Mangiava poco e soltanto vegetali e pesce. Beveva acqua. Appena alzato, dopo aver salutato i figlioli e gli amici, accendeva il suo sigaro e se ne andava solo a passeggiare nel boschetto della villa. E passeggiando cantava. Cantava sotto voce arie senza parole o con parole spagnole, che pareva improvvisare, ma che forse erano reminiscenze di tempi lontani e sospiri nostalgici alla sua seconda patria, alla Repubblica Argentina.Passeggiando in quel boschetto, benché siano corsi tanti anni, lo vedo come se fosse presente, odo la sua voce e anch’io sospiro alla sua gloriosa memoria.

Renato Fucini da Acqua passata
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Garibaldi bacia tutti

Garibaldi dopo le acque di Montecatini fu invitato dai Martelli a Vinci i quali chiesero poi al Conte Masetti di prenderlo a casa sua. Ciò ch’egli fece e mise la casa in piena disposizione di Garibaldi con queste parole : Fin da questo momento cessa ogni mia ingerenza in questa Villa. Ecco ciò che Garibaldi faceva: alle quattro del mattino si alzava, prendeva una doccia fredda e per via Botanica faceva una gita ad Anchiano alla casa di Leonardo per cercare di acquistare diceva egli: qualche cosa del genio di quel grand’uomo tornava a casa, dava… ; poi faceva colazione al mezzogiorno e andava a letto; alle quattro pranzava poi ricominciavano le sedute. A pranzo vi era sempre 18 o 20 persone. Migliaia di persone venivano a vederlo.
Il primo contadino che si presentò volle baciargli la mano: ma Garibaldi rispose che le mani si baciano ai Preti; che egli riguardava il contadino come superiore al soldato perché esercitava un’arte più nobile e che è essenziale per vivere. Consigliò l’obbedienza ai padroni e finì dicendo che accettava un bacio in viso che nobilita, ma non sulla mano, che umilia.
E così fece; ogni contadino che a lui si presentava era da lui baciato. Il Conte Masetti contò una domenica i baci che diede, fra uomini e donne ne contò più di 400.

G. Uzielli- T. Signorini : 1872 Gita a Vinci – Edizioni dell’Erba
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Casa vinciarese, 2011

I Vinciaresi snobbati
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Dalle cronache del tempo emergono anche le grandi delusioni degli intellettuali e signori del luogo. I Fucini invitarono Garibaldi a pranzo da loro, ma nonostante i preparativi , il Generale non si presentò per un sopravvenuto impegno. Anche il Conte Masetti cercò di stabilire un successivo rapporto epistolare con il Generale, a cerca di cimeli per il suo soggiorno. Garibaldi non gli rispose mai. I nobili vinciaresi misero delle grandi epigrafi marmoree sulle abitazioni che ospitarono Garibaldi. Vinci possiede, a differenza di altri paesi, quindi ben due letti di Garibaldi e presumibilmente due camere rosse in onore del Generale. Un anonimo scultore, si dice uno scalpellino locale, fece un busto in ricordo di Garibaldi, collocato in una nicchia di una facciata di una casa di Vinci alto, senza epigrafe. È stato restaurato pochi anni fa. Ricorda ancora il passaggio vinciarese del grande Italiano.
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Villa Martelli, oggi

L'epigrafe del Ferrale

La Villa Del Ferrale/Nelle Fiorentine Memorie Lodata/Per Le Belle Campagne/Dove L’arte Illustre Vinse La Natura/Per Genio Immortale Di Leonardo Da Vinci/Che In Quella Sorti’ I Natali/Fu Lieta Di Ospitare/Per Tutto Il Luglio Del MDCCCLXVII/Il Romito Di Caprera/Giuseppe Garibaldi/Che Ne Quieti Riposi Campestri/Meditava Il Compimento/ Dell’OperaCui Consacrò La Mente/ E Il BraccioIl Riscatto Di Ogni Terra Italiana./P. P. Masetti P. Q. M. Il Giugno Del MDCCCLXXXIVRestaurando La Villa

venerdì 4 marzo 2011

LA VEGLIA CON I SANTI. Vinci, 4 marzo 2011

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UNA VEGLIA DI MUSICA E POESIA
Biblioteca Leonardiana (g.c.) 4.3.2011
Gli Inni di Marco Cipollini
Il flauto di Federica Baronti
I Vin Santi delle Colline di Vinci
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E' possibile promuovere un territorio con i suoi poeti ed i suoi artisti ?
La veglia vinciana dimostra che l'anima e la voce di un popolo possono essere ancora rappresentate dalla poesia, con una nuova sensibilità e profondità di significati e di valori. Un mondo poetico sommerso, appartato, quasi sottotraccia, forse intimidito dalla velocità dell'odierna comunicazione, ma sempre presente, vivo, capace di emozionare e di suggestionare, di ausilio nell'osservazione delle cose che ci circondano con occhi diversi. Ed ecco che Marco Cipollini, poeta empolese, intona i suoi inni da Gesù, alla Madonna appena annunziata fino ai santi del calendario, "sognando l'eternità" pur nella consapevolezza di essere "polvere sollevata/ dal vento in forma umana". Federica Baronti, vinciana, commenta musicalmente la parola con attente sottolineature che dal barocco puntano alla contemporaneità di un linguaggio universale, senza tempo. Ed il gusto della terra, di questa terra, infine esplode, trascinato dalla parola e dalla musica, nei sapori dei vini più pregiati e nobili, i Vin Santi, che amalgamano gli umori, le passioni, le emozioni, grazie a Marco Monti ed ai produttori del Consorzio Colline di Vinci.
Inconsapevolmente, con una grande semplicità, naturalezza e cordialità, riemerge una delle facce più belle, antiche e nobili di un territorio ancora oggi ricco di esperienze, iniziative e voci che troppo spesso restano fra le meno comprese, talvolta per mancanza di volontà e di coraggio delle istituzioni e degli operatori culturali nel valorizzare un linguaggio per molti considerato non alla moda o, peggio, per essere erroneamente ritenuto a priori troppo complesso, seppur più per la paura o il timore ingiustificati della non conoscenza.
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Marco Cipollini .
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La veglia poetica vuole essere la proposta di un percorso di avvicinamento, aperto a tutti, alla conoscenza e alla comprensione di questa forma espressiva che, seppure antica, è oggi relegata a cenerentola dell'editoria e della cultura. Forse sarà anche per tale condizione di svantaggio che rimane uno dei linguaggi più nuovi ed interessanti, ricco di autori, stili e forme. Nonostante una avversa sorte, la poesia vive ( La poesia unisce/Apre praterie di solidarietà./Cancella Babilonia./ La voce si fa potente, unica./ Elimina le diversità/ Apre il cuore e la mente : Riccardo Cardellicchio , da Cantare, in Salamarthana, marzo 2011).
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Federica Baronti
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L'immagine e la sensibiltà di un territorio possono quindi essere bene espresse, con gusto ed originalità, dalla poesia di Marco Cipollini, dal suono del flauto di Federica Baronti, dai Vin Santi del Consorzio delle Colline di Vinci; il tutto naturalmente con il contorno partecipato di un pubblico sempre numeroso ed attento.
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Marco Monti
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La Commissione Cultura del Vicariato del Montalbano occidentale ringrazia di nuovo i poeti, i musicisti e tutti coloro che si adoperano per portare avanti questa iniziativa, con rinnovato interesse e passione. Un grazie all'Amministrazione Comunale per aver gentilmente concesso i locali della Biblioteca Leonardiana.