venerdì 12 febbraio 2016

VINCI E FRANCO ZEFFIRELLI CON I MIGLIORI AUGURI DI BUON COMPLEANNO, 12 FEBBRAIO 2016


BUON COMPLEANNO A FRANCO ZEFFIRELLI CORSI. STORIA DI UNA FAMIGLIA "VINCIARESE"

Buon Compleanno a Gianfranco Corsi Zeffirelli. Oggi il grande regista compie esattamente 93 anni. Figlio di Ottorino Corsi, nato e vissuto a Vinci poi trasferitosi a Firenze, nipote di Olinto Corsi, uno dei personaggi più in vista della Vinci di fine Ottocento e primo Novecento, anche per le sue numerose iniziative e una grande vena polemica. Franco Zeffirelli in una lettera del 1949 al "Carissimo Guido" ovvero al sindaco di Vinci Masi,con il quale aveva un rapporto di confidenza, scriveva della sua passione per Vinci e Leonardo, testuali parole "poichè è certo che nelle mie vene scorre un sangue che è da tempo immemorabile sangue vinciarese!" (da " Alla scoperta dei cittadini vinciaresi. Franco Zeffirelli e le Celebrazioni del 1952" di Ilaria Morelli, in Orizzonti di Vinci e Cerreto Guidi, nov-.dic. 2015). L'uso di quel "vinciarese", come amavano chiamarsi i cittadini di Vinci, racconta del suo legame familiare con il paese toscano. Anche Franco Zeffirelli un cervello in fuga come Leonardo? Chissà. Probabilmente Vinci lo ha dimenticato troppo presto, magari confuso nel giudizio sulla persona tra la sua indubitabile grande carriera artistica e la vivacità politica e sportiva del personaggio (che ricorda molto il carattere verace del nonno Olinto nella Vinci ottocentesca). Tanti auguri al Grande Maestro, con tutto il cuore vinciano!
Ci piace pensare, vale come proposta di semplici cittadini, che possa essere assegnato e donato al grande maestro Gianfranco Corsi Zeffirelli il "Sigillo d'oro" della Comuntà di Vinci in segno di riconoscenza per la sua grandissima carriera artistica. 

Comitato Dama di Bacco




 

sabato 6 febbraio 2016

LA MASCHERA DI VINCI, QUARCONIO. I PREGI E I DIFETTI DELL’ESSERE VINCIANO

Quarconio, la maschera di Vinci (bozzetto di Silvia Gigli - Ass. Civ. Casa del Popolo, 2014)

QUARCONIO, LA MASCHERA DI VINCI.

I PREGI E I DIFETTI DELL’ESSERE VINCIANO
IDENTIKIT DI UN PERSONAGGIO SENZA TEMPO

Nel disegnare una “maschera” per Vinci, il Teatro di Quarconia si è ispirato ai personaggi della commedia dell’arte che, vestiti di costumi caratteristici, si esprimevano con gesti codificati, stilizzazioni di movimento e di recitazione. S’identificavano spesso nello spirito di alcune città. Per questo motivo, sono stati presi come spunto gli ironici commenti sul carattere dei vinciani (o vinciaresi, come si chiamavano un tempo) espressi e scritti da mani anonime ai margini degli statuti cinquecenteschi del Comune. È stato un processo creativo graduale, quasi quarantennale (un primo bozzetto risale addirittura al 1977) , con i contributi di tante persone, fino al risultato finale di “Quarconio”, la maschera di Vinci.

Un personaggio che, per puro caso, una compagnia di teatranti abbandonava, qualche secolo fa, alle porte del castello di Vinci, nella via di Quarconia, dove s’affacciava l’antico spedale dei pellegrini. Un nome legato alla storia del teatro popolare toscano ovvero a quel teatro fiorentino “al canto della Quarconia", costruito a Firenze nel 1789 dal Granduca nel dismesso ospizio dei monellini,  orfani vagabondi, leggi anche riformatorio, dove venivano rappresentato per la prima volta Stenterello. Anche nell’antico stanzone della via di Quarconia di Vinci, dove una volta si affacciava il retro dello Spedale di San Bonifacio, s’incontravano a veglia i poeti del paese. La curiosità è che in Toscana esistono altre Quarconie, a Pisa e a Grosseto, sempre legate a ospizi o pellegrinai trasformati in teatri.

Q come Quarconio, da colorare (bozzetto di Gangalandi, 2015)

Nell’identikit di Quarconio, spirito senza tempo, vi sono espliciti riferimenti ai pregi e vizi dei vinciani, disegnati sul ricordo di aneddoti, curiosità e tradizioni locali secondo tratti ed elementi stilizzati
I grandi zoccoli ai piedi e il cappello di paglia del contadino del posto, seppure abbellito con le penne di “fagiano”, ovvero dello sciocco, fanno riferimento ad un personaggio che è convinto che basti qualche penna in più sul cappello per fare carriera sociale. Il campanello al collo perché da orfanello non si vuole perdere più, allusione anche ai tanti campani, campane e campanelli di Vinci (le “malelingue” ci sono sempre state). La giacchetta di manica corta è un richiamo alla nota parsimonia vinciarese, ereditata dalla stessa famiglia “da Vinci”, per la quale gli abitanti del posto sono dai paesi vicini presi un po’ in giro. Le mani in tasca fanno riferimento al detto del 1564 che “Vinci è luogo contr’alla chuchagna/c’assai si dorme, poco si guadagna”. Le calze giallo rosse sono dei colori comunali. Per strane sorti, quel contadino è diventato un giorno il campaio, ovvero la spia e guardia del Podestà per scoprire le magagne e multare i cittadini (i tempi non sembrano cambiati!). Per questo motivo porta sotto braccio la “lex” ovvero l’ultimo bando comunale, interpretando i termini legali del latinorum   delle leggi cinquecentesche a malo modo, sempre a suo vantaggio, facendo arrabbiare tutti i compaesani.

Come tutte le maschere anche Quarconio ha la sua morale: non pensare di diventare “quarcuno” (come si dice nell’idioma locale, sostituendo la lettera l con la r) mettendosi nei calzoni del nobile, nel caso di specie, rubati al Podestà; magari vestito per metà da contadino e per metà da signore, con le piume sul cappello di paglia, usare le “parole” della legge che neppure intendi. Rimani quello che sei. Ricordati da dove sei venuto e, soprattutto, non vergognarti della fortuna di essere nato a Vinci! Cosa che anche i vinciani di oggi spesso dimenticano. 
Nella borsa della “cuccagna” cinquecentesca che il personaggio Quarconio porta a tracolla sono a bella vista una fascina di salci rossi per legare le viti (dai “vinchi” deriverebbe il nome del paese, ispiravano anche il nodo dell’Accademia vinciana); i nichi, le conchiglie fossili, ricordate da Leonardo fanciullo, e un fiaschetto di vino, a simboleggiare le bellezze e i doni prelibati di questa terra. E chi non beve del buon vino di Vinci in compagnia o è un ladro o una spia … parola di Quarconio !

La maschera è stata realizzata per la prima volta nel dicembre 2014 nell’ambito dell’omonimo progetto teatrale coordinato da Luigi Palandri per l’Associazione Civile Casa del Popolo, con la consulenza storica di Nicola Baronti, i testi teatrali di Adelaide Faccenda, il bozzetto di Silvia Gigli, la sartoria di Loredana Giraldi con l’ausilio di Emanuela Berni. Per la cronaca, il primo attore ad impersonare Quarconio è stato Robertino della Compagnia Teatrale Marvesio. Chissà se Quarconio si farà ancora vedere per le strade di Vinci, dove ogni giorno sembra aleggiare in spirito leggero e burlesco.

Vinci e il Teatro- Centro Iniziative Culturali Ricreative Promozione Teatrale della Fraternita di Misericordia Vinci, 1977

Nota redazionale a cura di Nicola Baronti
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martedì 2 febbraio 2016

PER SAN BIAGIO SI BENEDICE LA GOLA. STORIA E TRADIZIONE DELLA FESTA A VINCI (3 FEBBRAIO)

 
IL CULTO DI SAN BIAGIO A VINCI 
3 febbraio
 


La Compagnia dello Spirito Santo è la più antica confraternita dedita alle opere di Misericordia sorta nel “castello di Vinci” anche se non si conosce esattamente la data della fondazione. Probabilmente nasce dalle ceneri di un sodalizio della prima metà del Quattrocento intitolato alla Vergine Maria e a San Biagio. Il culto di San Biagio, vescovo di Sebaste in Armenia, è ancora oggi molto sentito dal popolo di Vinci ed è testimoniato dal bellissimo dipinto del Miracolo di San Biagio, opera di Gaetano Piattoli del 1756, già collocato sull’altare della famiglia Alessandri nella Chiesa di S. Croce ( da T. Berni in “La Compagnia dello Spirito Santo” , IV Quaderno di Vinci nel Cuore!). Quello di S. Biagio è uno dei culti cristiani più antichi ed è condiviso anche dalla chiesa d’Oriente. San Biagio, Vescovo di Sebaste, visse e fu martirizzato con la decapitazione nel IV secolo  d. C dopo essere stato scorticato con pettini di ferro e gettato in un lago. Prima di diventare Vescovo era stato medico. Per sfuggire alle persecuzioni aveva vissuto in una grotta tra i monti ove avvicinato dagli animali selvatici, li ammansiva e curava. Fu martirizzato dal governatore romano Agricolao. Tra i miracoli del Santo, l’intervento per salvare la vita di un ragazzo soffocato da una lisca di pesce. Per questo è invocato dai fedeli contro il mal di gola.  Il culto si è diffuso  soprattutto per la protezione accordata agli animali e le grandi virtù taumaturgiche del Santo. Nella civiltà agropastorale il culto di S. Biagio ha sostituito le antiche divinità preposte alla tutela della terra e degli animali. In molti paesi, compreso Vinci, è ancora vivo l'uso di invocare la protezione del Santo incrociando due candele sotto la gola (l'appuntamento è al termine della messa pomeridiana)
Che si tratti di un Santo molto amato anche dal popolo si evince dai tanti proverbi dedicati a questo giorno: " Se a San Biagio il sole è buono, dell'inverno siamo fuori"; oppure "San Biagio la goccia al naso", a dimostrazione che in tale periodo il clima è ancora freddo, seppure ancora per poco "Per San Biagio l'invernata è fuori". Curioso infine il detto "Per San Biagio tutte le giovani storcono il naso" , in quanto era l'ultima data tradizionalmente disponibile per il matrimonio, prima dell'arrivo della Quaresima.

Dal Calendario Contadino di Gangalandi