lunedì 30 novembre 2009

LA FESTA DEL PATRONO MINORE, SANT'ANDREA


Sant'Andrea ( A. Geri)
Chiesa Parrocchiale di Vinci - Portale d'ingresso
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SANT'ANDREA, PATRONO DI VINCI
30 novembre 2009
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LA FESTA PATRONALE DI VINCI HA ANCORA UN SENSO ?
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" Oltre alla tipologia della festa, è d'altro canto necessario cercare d'intendersi sulla funzione della festa. Sia essa sospensione di un tempo "consueto" oppure teatralizzazione delle istituzioni e del potere, la festa non è gratuita nel suo concreto presentarsi. Essa ha sempre e comunque uno scopo, è un momento vissuto intensamente, dispone un suo linguaggio e pertanto ha un suo significato. Insomma, la festa va letta tutt'altro che non un momento di evasione.
Il medioevo toscano offre una grande varietà di feste, le più interessanti delle quali dal punto di vista dell'autorappresentazione della coscienza cittadina sono senza dubbio quelle patronali: un esempio efficace e quasi paradigmatico al riguardo può essere la festa di San Giovanni a Firenze "
Franco Cardini
"Le feste in Toscana tra Medioevo ed età moderna" da Incontri Pistoiesi di Storia Arte Cutura " Società Pistoiese di Storia Patria, 1987 pg. 5



I VINCIARESI, FIGLI DI UN PATRONO MINORE ?
Il senso della festa a Vinci
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Sulla base della definizione del prof. Cardini, Vinci avrebbe avuto, dal medioevo fino ai primi del novecento, addirittura due distinti patroni.
Se dal XIV secolo l'antica Podesteria e il Comune di Vinci festeggiavano come patroni i Santi Giovanni con una solenne processione civile e religiosa che si svolgeva il 27 dicembre, seppure - si tiene a precisare - tutti i partecipanti, preti compresi, venivano compensati e ospitati con colazione e desinare a spese del Podestà ( cfr. R. 21 Statuto Comune di Vinci 1564 e R- 51 Statuto Comune di Vinci 1418); la festa patronale era quella di Sant'Andrea a cui il popolo di Vinci era vocato, con contestuale sospensione delle attività consuete del Comune per un periodo di tempo lunghissimo, pari a quello della settimana santa " il dì di Sant'Andrea protettore, et avvocato del popolo di Vinci, con quattro dì innanzi e quattro dì doppo" ( R. 13 Delle ferie e dei feriali - Statuto Comune di Vinci, 1564). E' stato fatto osservare da alcuni studiosi che anche la chiesa di Vinci, probabilmente nel momento in cui si affrancava da "cappella de Vincio" ( come veniva definita nella bolla di Pasquale II del 14.12.1105) ovvero da "cappella del Comune" (come era ancora denominata nello statuto cinquecentesco), dotandosi di un proprio fonte battesimale, iniziava ad essere individuata come "ecclesia S. Andree ed S. Crucis de Vincio " (1505) o "ecclesia S. Andree de Vincio" (1561) ( vedi E. Sarli : Itinerario storico fra le chiese della diocesi di Pistoia" - inserto a VITA CATTOLICA del 1.3.1998). Altri ritengono addirittura che "Sant'Andrea" ( Mario Bruschi " La fede battesimale di Leonardo" Firenze, 1997, pag. 7) sia l'originaria intestazione della chiesa, prima ancora del passaggio del castello e dell'attigua cappella dai Conti Guidi al Comune di Firenze ( XIII secolo) con l'intitolazione alla Santa Croce ( per la quale in realtà non era previsto alcun giorno aggiuntivo di festa nel calendario della Podesteria e del Comune fin dalle prime versioni trecentesche).
La ricorrenza di Sant'Andrea, quale protettore del popolo di Vinci, veniva di nuovo valorizzata nel secolo scorso, con conseguente pieno riconoscimento anche a livello civile, in occasione della riapertura al culto e riconsacrazione da parte del Vescovo di Pistoia, Mons. Bernardi, della vecchia Chiesa Parrocchiale di Vinci, ricostruita ex novo negli anni 1929.-1935, avvenuta proprio nel "dì di Sant'Andrea" del 1935, dando pertanto nuovo significato e valore alla festa patronale ( F. Cianchi " Vinci, le sue Chiese e le sue Croci", dispensa parrocchia di Vinci, 1990, pag. 6). A tale rinnovata intitolazione si deve anche il bassorilievo raffigurante Sant'Andrea, posto al di sopra del nuovo ingresso principale della chiesa parrocchiale.
Il culto di Sant'Andrea risulta comunque diffuso e radicato in tutto il comprensorio empolese, accomunando ancora oggi per i festeggiamenti i popoli di Vinci, Empoli e Montespertoli, rinvenendo nella cultura popolare e contadina modi di dire, tradizioni appartenenti al mondo della terra ed usanze, come quella conosciuta anche in altri paesi legata al rinvenimento di cose nascoste e tesori particolari, proprio nella notte del 30 novembre, tramite la preghiera e intercessione del santo. Molto suggestiva al riguardo l'annotazione del più famoso dei vinciaresi, Leonardo da Vinci, che scrive nel suo diario che " la notte di Sancto Andre(a) trovai al fine la quadratura del cerchio. E in fine del lume e della notte e della carta dove scrivevo, fu concluso. Al fin dell'ora" ( cfr. " Scritti letterari di Leonardo da Vinci , a cura di A. Marinoni, Milano, 1974 pag. 82)

A Vinci cosa resta dell'antica tradizione della festa patronale, salvo l'apparente sospensione delle consuete attività comunali? Poco o nulla. La chiusura di qualche esercizio commerciale, magari barattata con qualche apertura domenicale, oppure il giorno di festa concesso ai lavoratori dipendenti che operano nel territorio di riferimento, in verità più per un riconoscimento normativo che proviene dai contratti collettivi nazionali di lavoro, che da un vero e proprio senso di appartenenza alla comunità. Da un punto di vista religioso forse una messa in più, essendo ormai Sant'Andrea derubricato dalla parrocchia a patrono " minore" di Vinci, concentrandosi le feste patronali liturgiche a seconda degli ultimi parroci in periodi diversi, prima alla fine di agosto ( con la festa della Madonna) poi slittata a settembre ( con la festa della Santa Croce). Poi niente
Piace ricordare che fino a poco tempo fa una cooperativa vitivinicola locale denominava il vino novello di Vinci proprio Sant'Andrea. Era un modo carino per ricordare una tradizione e il senso di appartenenza ad un territorio. Salvo qualche altro timido tentativo alla fine degli anni novanta di resuscitare la festa "smarrita", tentativo terminato nell'immancabile polemica paesana, non è dato rilevare niente di nuovo.
Come diceva un noto presentatore televisivo nasce tuttavia spontanea una domanda.
In un paese di duemila anime, come si è ridotto il popolo di Vinci, con oltre venti associazioni registrate nell'albo comunale, oltre a quelle non registrate, com'è che nessuna si ricordi della "tradizione" smarrita? Eppure Empoli e Montespertoli, a poco a poco, stanno riscoprendo la loro radice patronale; se tu vuoi anche Fucecchio con il battesimo e la cena contradaiola in quel della Nobile Contrada di Sant'Andrea, ma Vinci ? Forse che i vinciaresi sono diventati insensibili ad ogni cosa e a loro poco o niente importa della storia e tradizione?
E parafrasando il professor Cardini, se la festa non ha un suo scopo, un proprio linguaggio e un preciso significato, da viversi intensamente, che senso ha? La festa " va letta come tutt'altro che non un momento di evasione" . Come vinciani o vinciaresi, che dir si voglia, ai nostri figli insegneremo che per Sant'Andrea gli operai del comune e gli altri dipendenti non lavorano ( vecchia tradizione medievale) e che le botteghe ( a seconda però dell'esercente) sono chiuse e che se devi andare alla posta o alla banca bisogna ricordarsi di andare prima delle 11 a.m. perchè è considerato giorno semifestivo.
Chi spiega loro che il motivo di tale pausa nell'ordinaria o, meglio, consueta amministrazione della vita di una comunità ha invece un suo profondo e tradizionale significato civile e religioso ? Chi se ne deve occupare nell'organizzazione di una comunità se non le associazioni culturali, storiche e turistiche che in essa operano e si riconoscono come enti rappresentativi?
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Gangalandi

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