Il fico di Vinci
IL FICO DI VINCI
DAL CAMPO ALLA MENSA DEL CONTADINO
Il calendario di Gangalandi: la festa di San Donato
(Seconda parte)
“Pane e fichi, mangiar d’amici” è un antico detto che rivaluta un piatto genuino,
seppure molto povero, della tradizione toscana. Il fico è cibo facilmente
reperibile. Cresce vicino alle abitazioni dei contadini, sui ciglioni, vicino
ai muri a secco, in modo promiscuo tra vigneti e oliveti. L’importante è
piantarli già con una certa altezza, a differenza di quello che avviene per l’olivo
“chi vuol ingannare il suo vicino ponga l’olivo
grosso e il fico piccolino”. La massiva coltivazione,
un tempo, era dettata dal fatto che questi frutti non erano oggetto del patto
della mezzadria e quindi finivano interamente sulle mense delle famiglie
coloniche. Peraltro è cibo che sostiene moltissimo. Occupa poco posto e può essere
conservato come riserva. In tale senso sono famosi i “fichi secchi”. Molto
comuni dalle nostre parti al punto di “non valere nulla” secondo il detto
locale ovvero “ non vali un fico secco” o peggio, in un maschilismo “bieco”,
come oggi si definirebbe, per i “ fichi secchi e figlie femmine il
primo prezzo è angelo”, ovvero è bene smerciarli subito, al primo prezzo. Sono
anche ben poca cosa agli occhi
ingordi, al punto tale da non “potere fare le nozze coi fichi secchi”.
La procedura per la realizzazione del fico secco
è antichissima. La qualità di fichi che si presta maggiormente all’essicazione
è la varietà dottato. Appena raccolti vengono spaccati in modo longitudinale e
aperti in due coni collocati in piedi sui
“canniccioni”, messi in ambiente confinato e sottoposti all’azione dei vapori
di zolfo. In seguito vengono esposti al sole sui canicci, durante il giorno, e
riposti in casa la sera, per essere conservati e mangiati nell’inverno. Spesso
vengono tra di loro uniti con un seme d’anice formando le note picce. La
capitale del “fico secco” è senza dubbio Carmignano, in particolare la frazione
di Bacchereto, dalla quale proveniva anche la nonna di Leonardo.
San Donato.
Particolare della tela della Chiesa di San Donato in Greti- Vinci
Con
cosa si abbina il fico secco? Secondo alcuni detti solo all’acqua “al fico l’acqua alla pera il vino”, anche se
tutti non sono concordi. In ragione del grande apporto calorico possono far
cresce la pancia “l’uva
nera fa crescere le tette e il fico la pancia” e non si consiglia di farne uso a cena,
probabilmente a causa del loro ingente apporto calorico: “fico di sera intima la morte”. Il
contadino naturalmente sottolinea che “quando son finiti i fichi e l’uva d’otto
cacate diventano due”. Come già visto al pari del fico secco non sembra valere
nulla neppure il legno di fico: “con il legno di fico la fiamma non fa lume”,“con il legno di fico non si scalda la moglie né il marito”, sempre in
riferimento alle figlie da maritare “meglio avere un cattivo marito che un
legno di fico”.
Secondo la
tradizione e il calendario contadino i Santi legati ai fichi sono soprattutto due,
peraltro entrambi molto legati al territorio di Vinci, una frazione addirittura
ne porta il nome: “a San Rocco si
stimano i fichi e il porco” e “San Donato, i fichi alla grata”.
I detti e i
motti sui fichi sono tantissimi, proprio come la loro presenza sul territorio.
I più belli sono però i seguenti, almeno per chi scrive. Legati al rapporto
fico e donna: “Donna alta per cogliere fichi donna bassa per marito”, “Fico
basso e fantesca d’osteria palpeggiando
si matura”. Senza dubbio quello che meglio descrive il nostro frutto è il famoso detto che “il fico vuole avere due cose, collo d’impiccato (il collo del fico
maturo si torce) e camicia di furfante (la pelle si screpola come la camicia
del furfante s’increspa)”.
Gangalandi
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