domenica 27 giugno 2010

I NAVICELLI DELL'ARNO

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QUANDO I BARCHINI

SI CHIAMAVANO NAVICELLI

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I navicellai dell’Arno hanno segnato per secoli la storia di una società che il fiume riconsegna alla memoria in poche superstiti tracce: nei resti dei sentieri percorsi dai bardotti, nei nomi delle vie in prossimità dei vecchi porti e dei passi di nave per attraversarlo. L’attività dei navicelli (chiamati nell’empolese anche becolini), esercitata in virtù di una concessione granducale, costituiva la principale fortuna per la nascita di quella borghesia chiamata dell’alzaia, dal nome della fune e del sentiero lungo il fiume da cui i cosiddetti bardotti trainavano controcorrente le imbarcazioni. La fine dei navicellai aveva una data certa: quella dell’arrivo della ferrovia che da Pisa raggiungeva Firenze nel 1848. Era il tramonto di un’epoca che, assieme al progresso delle vie ferrate e di nuovi ponti, metteva in crisi l’occupazione e, in generale, una certa economia di servizi nell’ambito dei trasporti fluviali, assai diffusa e fiorente lungo l’Arno.

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Lustrano le pertiche fra rive argentate,
lunghe mani che affondano nei capelli
a cercare la direzione, l’immaginazione
di nuove storie, l’inventario di memoria
e d’esperienza per anticipare il destino,
liberi restare nel progetto del tempo,
la consapevolezza di spazi circolari,
confusi nel giro di valzer dei remi.
Sono occhi, braccia, gambe che corrono,
misteri rivelati, invertite vie d’acqua
e di terra, nell’azione del braccio possente,
le sponde s’aprono al sole che porta
notizie da fuori, sovrapposti orizzonti,
s’allargano i fronti come passioni,
i rami degli alberi sfiorano linee sospese
ad asciugare per il caldo e asciutti restare
al freddo, piovono gli occhi del fiume
inaspettati temporali al raggio mio sospeso,
prigioniero di una gora resto in secca
nella palude, l’erba non cresce a primavera,
non grida la corrente, corpo a corpo
come il nemico studio, lontano esplodono
bombe intelligenti cieche dei passi perduti,
dei bucati stesi, delle promesse lasciate
fra canneti selvatici. Il passo non ha braccia.
Mineralizza spazi prima del lamento.
Anticipa la miseria o il pianto da un’altra età

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da Le vie di terra e d'acqua
da N. Baronti Il Governatore delle acque (II parte)

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