domenica 27 dicembre 2009

I SANTI GIOVANNI, LA FESTA SMARRITA DI VINCI


27 dicembre, nel dì di San Giovanni Evangelista
.
LA FESTA DEI SANTI GIOVANNI
ovvero
la festa smarrita di Vinci
-
La Festa dei Santi Giovanni, antichi protettori della comunità vinciana, trova riscontro e una precisa descrizione negli antichi Statuti del Comune di Vinci del 1418 (R. 51) e del 1564 (R.21). I Santi Giovanni sono da distinguere con il patrono Sant'Andrea, definito protettore e avvocato del Popolo di Vinci nella versione cinquecentesca degli Statuti, laddove S.Giovanni (Evangelista), viene definito nel 1418, “protectore e defensore del Comune di Vinci”, perdendo nel 1564 il primo titolo in favore di Sant’Andrea. In verità, prima ancora, ovvero nel 1318, il Comune di Firenze aveva imposto San Giovanni Battista come unico "patroni et protectoris communis Vinciii". San Giovanni Battista era infatti considerato il “simbolo della rettitudine morale e della correttezza politica”, su cui Firenze medievale aspirava a fondare la propria fortuna economica ed il “buon governo” della cosa pubblica. A San Giovanni Battista veniva peraltro dedicata l’antica Pieve di Sant’Ansano, appena fuori Vinci. Alla fine del Trecento, infine, si faceva riferimento a due facinorose fazioni all’interno del popolo distinte proprio fra loro con il nome di Santa Croce ( a cui era intitolata la cappella del Castello) e di San Giovanni ( l’antiva pieve fuori le mura). A Vinci, i due Santi Giovanni venivano festeggiati cumulativamente il 27 dicembre, ovvero in occasione della festività del San Giovanni Evangelista


Il salice, simbolo di Vinci, 2009
.
Si trattava di una vera e propria festa civile del Comune ( che comprendeva anche i popoli di Vitolini e Faltognano). La cerimonia prevedeva, che nel giorno della festa di San Giovanni Evangelista, i Capitani e i Camarlinghi del Comune, per vincolo del loro giuramento, dovevano curare che almeno dieci preti celebrassero la mattina di San Giovanni Evangelista la messa nella chiesa di Santa Croce di Vinci. All'altare di detto Santo si doveva cantare una messa solenne, preceduta dall’appello di tutti i Consiglieri, Camarlinghi, e Capitani del Comune, pena la decadenza dall’incarico ed una sanzione pecuniaria, in assenza di valida giustificazione. Dopo la solenne cerimonia il rettore della Chiesa di Santa Croce doveva porre la croce in mano ad uno dei sacerdoti, mentre un altro prete veniva parato, insieme ad un diacano e un sottodiacono, per uscire in processione con tutti gli altri preti, ciascun con indosso la cotta. Al loro seguito si poneva quindi il Podestà e il suo notaio, con essi dovevano essere anche i dodici Consiglieri del Comune, Gli Statuti prevedevano che il Podestà doveva avere in mano una “falcola di cera gialla di peso d'once sei”, mentre il Rettore di Santa Croce, i Capitani e Notai del Comune una di once tre per ciascuno, gli altri preti e i Consiglieri una di once una. La processione si svolgeva, “laudando Dio con detta cera in mano accesa”, fino alla raffigurazione della Vergine posta nell’abitazione del Podestà, dove veniva detta la messa e offerto un “quactrino” a tutti i presenti (dal XV al XVI secolo), mentre dalla fine del cinquecento la processione arrivava fino alla “Vergine di Borgo” per ritornare in Santa Croce. La cera avanzata veniva offerta alla Compagnia del Corpo di Cristo per le varie occorrenze “per essere detta compagnia povera”. Ai preti veniva pagata la solita elemosina, secondo il ruolo e la funzione svolta, direttamente dal Camarlingo
-
Il salice purpureo, 2009
A cura di Nicola Baronti
dalla scheda di " Natale a San Pantaleo e sul Montalbano " , 2007

Nessun commento: