IL MAGGIO MEDIEVALE
Tradizione e cultura
della festa sul Montalbano
1 maggio
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La traccia più antica della festa del Calendimaggio (ovvero dei primi giorni del maggio) si ritrova negli statuti medievali dell’antico comune di Vitolini (1387).
Il primo maggio, il Notaio dei danni dati (ovvero la guardia del Podestà, il CAMPAIO secondo il soprannome dato dai contadini della Via di Caterina) doveva recarsi sulla sommità del campanile del Castello di Vitolini e legare fermamente ad esso un ramoscello di olivo. Inoltre doveva legare e fermare un ramoscello di quercia o di altro albero nel palazzo del comune, fermo restando che se sarebbe rimasto inadempiente avrebbe pagato la sanzione di 20 fiorini. ( cfr. Paolo Santini - Melania Minacci Vitolini. Mille anni di storia all'ombra del campanile, La Compagnia degli Ortacci, 2007) Si tratta di un riferimento importante non solo alla storia del posto, con una disposizione statutaria caratteristica del luogo non riprodotta in altri statuti, che indica comunque un uso antichissimo ( bona campestrue) legato ancora oggi agli auspici e scaramanzie riferibili all'olivo benedetto
L’olivo è pianta tipica del Montalbano e forse la coltivazione più pregiata, a cui la gente del posto è chiaramente devota. Il gesto del Campaio di Vitolini richiama l’uso dei vecchi contadini di utilizzare il ramoscello d’olivo per benedizioni urgenti in casi di temporali improvvisi, senza considerare il valore dell’olio nella stregoneria, per esempio al fine di togliere il malocchio. Quindi si tratterebbe di un gesto scaramantico per scongiurare tempeste e grandine e salvaguardare le colture più preziose per la vita del luogo. Un filo comune lega quindi l’antica festa statutaria a gesti frequenti della tradizione contadina tesi ad umanizzare ed esorcizzare l’incertezza e la paura per la perdita del futuro raccolto.
All’olivo e all’antico uso campestre si collega probabilmente la tradizione comune ad altri luoghi di benedire i campi per il giorno della Croce ( 3 maggio che rievoca l’invenzione ovvero il ritrovamento della Santa Croce) con le croci con il giglio, ovvero intrecciando due bastoncini con il giglio e i rametti d’olivo benedetto nel giorno della domenica delle palme.
Si tratta chiaramente di una cristianizzazione di una festa pagana, maggiormente evidente nelle feste del Perdono e nelle Rogazioni, feste penitenziali che precedevano l’Ascensione, quando il prete detta la messa, alle prime ore del mattino per non sottrarre tempo al lavoro, si avventurava in processioni talvolta lunghe di chilometri per la campagna a benedire i campi, soffermandosi agli oratori, tabernacoli o cippi predisposti dai contadini per le speciali benedizioni contro i temporali, le guerre e le disgrazie, a difendere la vita degli uomini da un Dio che c’impaurisce in ogni luogo.
Fermatosi in un punto del tragitto, il sacerdote alzava la croce e rivolgendosi ai quattro punti cardinali, recitava l’invocazione contro “A folgore et tempeste, A peste, fame et bello” a cui i fedeli rispondevano Libera nos Domine
( 1^ parte)
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