sabato 25 dicembre 2010

NATALE A VINCI 2010, NEL SEGNO DELLA TRADIZIONE

Albero di Natale a Vinci, 2010
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NATALE A VINCI E SAN PANTALEO
fra tradizioni, ricordi e leggende
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La BEFANATA VINCIARESE, appena uscita, sta suscitando molta curiosità. La speranza è che la prima edizione si possa esaurire al più presto. I ricavi andranno per la tutela e la salvaguardia di un'opera artistica del nostro territorio (che sveleremo al momento opportuno). Per il momento il ringraziamento va a coloro che hanno offerto alla Dama di Bacco il loro contributo di memoria e di passione per la riscoperta e valorizzazione delle antiche usanze contadine. Un grazie anche a GONEWS, il quotidiano di informazione on line dell'Empolese Valdelsa, che per fare gli auguri ha scelto una foto di Vinci innevata inviatagli da questo blog paesano.
Nel solco tracciato, si completa così il percorso delle tradizioni natalizie legate al territorio, oggetto della mostra evento Natale a San Pantaleo. Tradizione e cultura della festa, che si è svolta nella chiesa di San Pantaleone Martire in San Pantaleo, appena riaperta nel dicembre 2007. Una manifestazione che oltre a raccogliere oltre mille visitatori nella sperduta campagna, al gelo della chiesa, ancora senza acqua e luce, riscaldata solo dall'entusiasmo degli organizzatori del Comitato San Pantaleo e degli intervenuti, continua ad essere lo spunto e la fonte di ispirazione per tante altre iniziative natalizie. Anche le vecchie befanate vinciaresi, di cui alla recente pubblicazione, furono riproposte a San Pantaleo per la Vigilia dell'Epifania 2008.
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Le dodici noci di sale, San Pantaleo 2007

NATALE A SAN PANTALEO
Cultura e Tradizione della festa a Vinci e sul Montalbano

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LE TRADIZIONI DELLA NOTTE DI NATALE

Il 25 dicembre veniva già festeggiato nell’antica Roma secondo i riti della religione mitraica, in occasione del solstizio invernale, ovvero il giorno di più corto dell’anno, e la nascita del “ sole invitto”, in coincidenza con l’inizio dell’allungamento delle “ore” di luce.
Secondo gli usi e le tradizioni della civiltà contadina, a Vinci e sul Montalbano, il Natale conserva pertanto ancora il carattere della festa inaugurale per l’inizio di un nuovo anno.
La notte di Natale, in particolare, è notte di prodigi, nella quale non si possono fare né fatture né incantesimi. Nel calendario dei contadini, la notte di Natale non conosce eguali, se non nella contrapposta notte di San Giovanni Battista, ovvero al solstizio d’estate, quando le tenebre purtroppo incominciano a riprendere il sopravvento ed i giorni a “ calare” le ore di luce
Nella tradizione del Montalbano è il momento in cui i “guaritori” insegnano o tramandano in segreto le formule per curare “magicamente” i vari malanni, le note “segnature” ad esempio contro le malattie della pelle, il cosiddetto “foco di S. Antonio”, oppure particolari malanni come i “bachi” dei bambini, gli orzaioli, le sciatiche, le verruche e così via. Una curiosità è quella legata anche al culto di San Pantaleone, considerato nella tradizione popolare, il protettore degli erniosi e per tale motivo spesso invocato dai guaritori.

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Alessandro Vezzosi spiega ai visitatori la piccola Epifania di Leonardo da Vinci, San Pantaleo 2007
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IL CEPPO
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La festa del Natale è conosciuta anche come il Ceppo, richiamandosi ad una vecchia usanza contadina. Il “capoccia” ovvero il capofamiglia, di solito la persona più anziana, nella vigilia di Natale sceglieva un “ceppo”, ovvero un grosso tronco di ulivo, da ardere nel focolare domestico, per riscaldare la casa in attesa dell’arrivo di Gesù Bambino. Ardeva quindi tutta la notte. Quello che restava veniva acceso per l’Epifania e l’Ascensione. Con le ceneri venivano benedetti i campi in segno di augurio per i nuovi raccolti oppure venivano preparati potenti talismani contro il male
La tradizione del Ceppo era l’occasione anche per trarre dalla fiamma auspici di vario genere secondo la quantità delle faville e la direzione che prendevano.
Il Ceppo era chiamato anche il “regalo” che i fidanzati facevano alle loro ragazze.
Oggi, il Ceppo è rimasto nel linguaggio comune ad indicare la tredicesima ovvero la cosiddetta “gratifica natalizia” oppure il “dono” che il datore di lavoro elargisce alle famiglie dei propri dipendenti e collaboratori in occasione della festa.
Molti sono i proverbi legati al Ceppo, come “ S’ha da mangiar tanto per Ceppo!”, espressione sarcastica se detta in tempo di carestia.
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Il presepe artistico di Giulio Calugi, San Pantaleo 2007

LE TRADIZIONI SMARRITE DELLA NOTTE SANTA

Un'altra tradizione, riferita dalla gente di San Pantaleo, era quella dell’Acqua zitta. Nella notte della Vigilia, il capoccia (capofamiglia) prendeva un paiolo di rame e riempito di acqua sorgiva lo metteva nel centro della tavola alla mezzanotte e lì stava fino al mattino, quando l’acqua “benedetta” dalla venuta di Gesù Bambino veniva aspersa nelle stanze della casa e nelle stalle degli animali.
Altri auspici, oltre alle faville del ceppo, venivano ricavati dalla gente del Montalbano dai “ dodici gusci di noce” (talvolta erano bicchieri), che colmi di sale venivano collocati sopra il focolare, dove bruciava il Ceppo. Alla mattina, i gusci che conservavano la maggiore quantità di sale indicavano i mesi più ricchi dell’anno, o secondo altre versioni, i mesi meno “bagnati” e quindi con una maggiore penuria di pioggia. Il giorno però dedicato dai contadini alla lettura dei simboli per pronosticare il futuro del nuovo anno era però quello del primo gennaio

La capannuccia della famiglia toscana, nel confessionale della vecchia chiesa. San Pantaleo, 2007

Un saluto, un ringraziamento ed un augurio speciale a tutti !

Gangalandi

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