mercoledì 29 settembre 2010

LA QUARCONIA DI VINCI, UN TEATRO DI POPOLO

Vinci ed il teatro, 1977 - Logo della II^ Rassegna Città di Vinci
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VINCI ED IL TEATRO, UNA GRANDE TRADIZIONE

1^ CONCORSO TEATRO AMATORIALE
" di QUARCONIA"
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Vinci, 2 ottobre - 28 novembre 2010
Salone Incontri Casa del Popolo
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La «Quarconia di Vinci» è una piccola viuzza nella parte storica del paese, seppure un po’ nascosta. Dalla via che scende dall’Androne Mazzetti di Piazza Leonardo si entra, sulla destra, in una viuzza o «chiassetto», all’inizio coperto da una volta. Fu chiamata in questo modo nel XIX° secolo e si chiama ancora Via di Quarconia, probabilmente dall’omonimo antico teatro fiorentino. Come ricorda Renzo Cianchi, storico locale, in uno stanzone che dava su quella viuzza si tenevano delle recite a cura di una filodrammatica del paese. Si raggiunge la Quarconia anche dall’altro androne di Piazza, quello detto del Ciofi, attraverso il chiassetto dal nome originale di «dietro buche».
Il nome di Quarconia rappresenta inoltre la tradizione e la passione della gente di Vinci per il teatro, soprattutto vernacolare. L’origine del termine è tuttavia incerta. A Firenze denominava un ricovero fondato del 1659 da un artigiano occhialaio, Filippo Franci per ospitare i monellini , i ragazzi di strada, poveri e senza dimora, in un edificio detto appunto della Quarconia. Secondo la versione più accreditata la voce sarebbe di origine scherzosa, composta dalle espressioni latine quare «perciò» e quoniam «poiché», con allusione alle formule pseudo-giuridiche che motivavano i provvedimenti disciplinari presi nei confronti dei ragazzi più vivaci. Alla fine del 1700, soppresso l’istituto per minori, negli stessi ambienti, Gioacchino Cambiagi creò il teatro «della Quarconia» (1789), un teatro molto modesto nei mezzi, dove venivano date rappresentazioni soprattutto in vernacolo, per il divertimento popolaresco, contro le ingiunzioni del Granduca che ne voleva la demolizione. Ci fu anche chi lo definì la «Pergola dei beceri» per l’uso degli spettatori di portarsi da casa molti cibi e fiaschi di vino per la cena ed i gesti un po’ rumorosi che accompagnavano il gradimento o meno del pubblico. Nonostante nel 1826 la Quarconia venisse ristrutturata e chiamata Teatro del Giglio mantenne comunque il suo connotato popolare. Non è un caso che nel Teatro della Quarconia di Firenze sia nata la maschera di Stenterello. Anche la « Quarconia di Vinci», stretta fra le vecchie case, proprio nel cuore del borgo, è stata senza dubbio l’espressione dell’anima più popolare del luogo, un tempo punto di riferimento e di accoglienza per chi raggiungeva il paese direttamente dalla campagna, centro di chiacchiere o «ciane», di un’intensa e partecipata vita comunitaria.
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La rassegna regionale di teatro amatoriale intitolata alla «Quarconia di Vinci» vuole ricordare la tradizione secolare di filodrammatiche locali che si sono succedute nel tempo con rappresentazioni in vari spazi paesani, dall’ottocentesco stanzone scalcinato di «dietro buche», al teatro detto «della Misericordia», allo scomparso «teatrino delle monache», dove oggi è la Palazzina Uzielli.
Rappresenta inoltre una speciale dedica ad una forma di teatro partecipato e amato dalla gente semplice, appassionata, affezionata anche alle serate di puro divertimento, alle veglie in compagnia della poesia popolare e degli stornelli improvvisati, come si usava una volta.
La Quarconia di oggi, seppure finora un po’ dimenticata, ha mantenuto tuttavia il suo fascino di teatro di vita. Forse è un caso oppure una vera vocazione che ormai da qualche anno in Via di Quarconia il Circolo Fantasy di Vinci organizza spettacoli teatrali con i racconti ed i personaggi fantasy in occasione della Festa dell’Unicorno. In varie edizioni della “ Via di Caterina”, il percorso teatrale itinerante nelle campagne di Vinci, sulle orme di Leonardo fanciullo, la Quarconia è stata inoltre il punto di partenza per gli attori che da qui accompagnavano idealmente sotto braccio gli spettatori lungo i sentieri, interpretando le storie e le leggende del paese
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Progetto per il restauro del Teatro della Misericordia
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Con piacere, segnaliamo il primo concorso regionale di teatro amatoriale di Quarconia nell’ambito della IV rassegna Teatriamo promossa dall’Associazione Civile CASA DEL POPOLO di Vinci, che la ospita nei propri locali, in assenza dei palchi storici vinciani. Rimane tuttavia intatto lo spirito di un teatro amatoriale, spesso vernacolare, che si pone come centro di socializzazione, di aggregazione, di valorizzazione di una tradizione vernacolare altrimenti dimenticata, seppure aperta a nuovi linguaggi e stili di comunicazione. Una delle più nobili espressioni della piccola comunità e della sua volontà di conoscersi, emozionarsi e rappresentarsi nelle forme e modi di un teatro di popolo.
Negli anni settanta, grazie al Centro Iniziative Culturali Ricreative e Promozione Teatrale, Vinci diventava a pieno titolo anche una delle prime sedi di rassegne di teatro amatoriale a livello regionale. Il palco del Teatro della Misericordia accoglieva le vecchie glorie della tradizione fiorentina che si rifacevano direttamente ad Augusto Novelli, Giulio Bucciolini. Chi non ricorda Wanda Pasquini, ultima signora del grande teatro fiorentino, la famosa signora Ossibuchi del Grillo Canterino, premiare i partecipanti alla prima rassegna regionale del teatro amatoriale Città di Vinci del 1976, oppure Tina Vinci e Ghigo Masino (famosa la sua maschera del prete scoglionato fiorentino, a cui s’ispirava poi il Don Fumino di Renzo Montagnani) che intervenivano alla cerimonia di premiazione della seconda edizione; Vanna Bucci con il giallo toscano de Il delitto d’i villino accanto e il suo Succhiello Vampiro modello partecipare con tutta la compagnia. Importante è sempre stata l’adesione del teatro pistoiese. Suggestivo ed inquietante l’enorme crocifisso disegnato da Jorio Vivarelli, sì proprio il famoso artista e scultore, che dominava la scena della rappresentazione di “Io, Abramo” di Renato Lipari, testo vincitore del premio nazionale Vallecorsi, con la regia di Fabrizio Rafanelli oppure la magistrale interpretazione di Vivaldo Matteoni dell’Enrico IV di Pirandello. Due nomi che hanno contraddistinto la grande tradizione del teatro amatoriale pistoiese che ha prestato a quello ufficiale italiano attori come Ugo Pagliai e manifestazioni di scrittura teatrale come il Premio Teatrale Vallecorsi, nato negli stabilimenti Breda per volontà degli operai, grande segno di rinascita culturale nel secondo triste dopoguerra . Dal sacro al profano, si ride ancora per la scanzonata frequentazione del teatro della Misericordia, con esauriti a continuazione, del Teatro e Folklore livornese e le famose maschere labroniche dei personaggi della nonna Cesira e delle sue amiche canterine. Altri autori contemporanei si rammentano, come Vinicio Arfavelli che con lo “ Scherzo da Preto” e il GAD Città di Massa ammaliava il pubblico oppure compagnie amatoriali di città famose, come il Piccolo Teatro Città di Pisa, il Gad Città di Grosseto, Il Piccolo di Cortona. Nel mezzo brillava anche la Filodrammatica vinciana, nel segno di una continuità ininterrotta con una nuova generazione di attori. Le compagnie concorrenti nella zona erano soprattutto quelle di Monterappoli e di Fibbiana, allora diretta dall’attore e regista, Guido Zoppi, vincitore della prima rassegna regionale come migliore attore. Il dopo-teatro infine veniva allungato con le filastrocche e l’organo elettrico in uso all’epoca di un certo Fiorelli, cabarettista barzellettiere empolese. Il tutto avveniva a Vinci, a metà degli anni settanta. Erano gli anni in cui a Empoli nasceva il Teatro Shalom. Le prime televisioni private locali spuntavano come funghi. Tutte le rappresentazioni teatrali della stagione vinciana del 1977 venivano riprese da TeleTirreno 1, Canale 38 e Tele Montecatini.
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In testa, pubblichiamo con piacere il logo della edizione del 1977 di Vinci Teatro nel segno di una continuità nella tradizione, un vero e proprio passaggio di testimone, da Arlecchino a Stenterello, nel nome-simbolo della Quarconia, ovvero di un teatro di popolo e fatto per il popolo, richiamandosi addirittura ad una tradizione ottocentesca, quando Vinci era una piccola capitale della poesia in ottava rima. Ma questa è un'altra storia......
note a cura di Gangalandi, Dama di Bacco Vinci, 2010
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Poeti in ottava rima



sabato 25 settembre 2010

.. E PER SAN MICHELE I MAIALI TORNANO A CIRCOLARE !!!!!

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PER SAN MICHELE
I MAIALI TORNANO A CIRCOLARE
Vinci, 29 settembre
Storia degli abitanti più curiosi
nel sabato del villaggio
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Fin dai tempi di Leonardo, per San Michele di settembre, i maiali tornano a circolare per il paese, come ricorda lo statuto comunale del 1418, che inibiva la loro circolazione dal dì di San Michele a maggio fino a quello di settembre.

Della pena di tenere phorco fuori (R.60)
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Sia lecito a ciascuna sanza pena menare et menare fare porci overo troia in pastura o porcho dalla festa di Sancto Michele di Septembre per in sino alla festa di sancto Michele di maggio et da indi innanzi qualunque menasse o menare facesse o mandassi fuori i detti porci porcha o troia sia punita

Le ragioni erano senza dubbio molteplici. Innanzi tutto il cattivo odore, poi la sporcizia. La preoccupazione era tale che lo statutario si preoccupava, con la previsione di sanzioni pecuniare assai gravi, che non venisse sporcata la loggia e gli altri centri del potere politico e civile del paese

“ .. niuna persona del comune di Vinci ardisca lasciare per terra di Vincio o vero borghi o mercatale dessa alcuno porco o vero troia ne alcuna bestia lasciare o vero tenere di di o di nocte sopra alcuno cimitero o vero terreno del Comune overo dalcuna chiesa sagrato ne sotto la loggia del Comune se non ne il dì de mercato”

“ Et che niuno ardisca legare o fare legare o tenere alcuna troia legata in niuna via pubblica”

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Non solo. Una volta alla settimana era compito del Notaio del Comune, controllare che tutti i vinciaresi avessero pulito il giardino e lo spazio antistante la loro abitazione.
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Della pena di porre letame nelle vie o loggia ingombrare ( R. 60)
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“ … niuna persona ardisca overo presumma in niuno modo nelle vie publiche o vero in sul terreno del comune porre letame o spazatura nella terra di Vincio o vero borghi o piaze oltre a uno dì o vero esso letame porre o vero tenere fuori dalla casa in alcuno luogo per lo quale potesse alcuno puzo in tedio dalchuno uomo generare et ciascuno habitante in castello o in sul mercatale o borgo di castello di Vinci sia tenuto et debba ciascuno dì di sabato spazare et nectare o vero spazare et nectare fare innanzi alla casa della sua habitat ione. Et il notaio del comune sia tenuto et debba ciascuno dì di sabato cercare et chi facesse contro alle predette cose o alcuna desse

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Ma per quanto tempo sono circolati liberamente i maiali a zonzo per il paese di Leonardo? Per molto tempo in verità !
E’ sempre un anonimo detrattore dell’uso vinciarese segnare, o meglio glossare, lo statuto del comune del 1564 con la seguente famosa nota:
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Vidi Vinci da lungi e suo torrione
Lo credei culto e di person ripieno:
quando vi giunsi poi ‘l trovai sol pieno
di porci, brutte donne e ….. buggerone
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Tutto ciò lascia pensare come l’immagine del paese di allora fosse assai diversa da quella odierna, tutta curata, con la pavimentazione di cotto delle strade e piazze del borgo del Castello, molto raffinata negli arredamenti urbani di Piazza del Mercatale. Come del resto siano cambiati gli usi e costumi degli abitanti. Oggi la Publiser controlla che la gente addirittura separi la spazzatura, la cataloghi giorno per giorno, con apposita tassazione.
Ma i maiali ?
Il maiale era chiaramente il cibo dei più poveri. Vinci , senza dubbio, non era ricchissima quindi niente di male se il porcho o troia, come si diceva, circolassero liberamente. Senza cadere nel facile gioco di parole, già in uso fin dal XVI secolo, come dimostra l’anonimo poeta.
L’uso dell’allevamento del maiale è stato molto sentito nella civiltà contadina. La sua uccisione era un evento a cui partecipava tutta la famiglia, anche perché spesso legato ad un’economia di sopravvivenza, delle carni naturalmente non si sprecava niente!

lunedì 20 settembre 2010

PER SAN MATTEO INIZIA LA VENDEMMIA

Vigne di San Pantaleo, 2009.
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LA VENDEMMIA 2010,
nel dì di San Matteo, 21 settembre
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Ai tempi di Leonardo, la vendemmia non poteva essere iniziata a proprio piacimento bensì nel tempo ordinato per conto della Podesteria dai capitani e dodici consiglieri del Comune
" .... niuna persona del Comune di Vincio ardisca overo presuma vendenniare o vero vendemmiare fare innanzi al tempo ordinato o che si ordinerà pe' capitani et dodici consiglieri che per lo tempo saranno sieno tenuti et debbino ciascuno anno innanzi la vendemmia ordinare .... " ( Rubrica 57 - Statuto Comune di Vinci, 1418)
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Le vigne dei padri - La Via di Caterina, 2009 (foto C. Granata)
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Di solito, la vendemmia aveva inizio il primo giorno d'autunno, ovvero nel dì di San Matteo, come viene ricordato in molti altri statuti comunali del periodo
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Vendemmia a Vinci ( anni '80)
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" .... che niuna persona detà di sette anni o da indi in su ardisca o vero presuma danno dare in alcuna vigna piena di uve ..... " (Rubrica 63 - Statuto Comune di Vinci 1418)
Da tale norme si evince che anche i fanciulli dall'età di sette anni in su erano soggetti passivi della giurisdizione del Podestà e venivano puniti, soprattutto se scoperti ad arrecare danno alle vigne piene di uva.
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Vendemmia a Vinci (anni '80)
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Anche le bestie dovevano stare lontano dalle vigne, per almeno sette mesi, da marzo a settembre
"..... Et che se alcuna bestia pecorina caprina overo di qualunque generatione grossa danno dessino ad alcuna vigna daltrui da marzo insino a tucto septembre sia condannato il signore o vero guardia desse bestie... " (Rubrica 66 Statuto Comune di Vinci, 1418)
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La vigna dei poeti - La Via di Caterina 2009
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La vendemmia è da sempre l'occasione per radunare nella raccolta tutti i componenti della famiglia, dai più giovani ai più vecchi. Di solito, i parenti e vicini di vigna si danno una mano reciproca. E' anche l'occasione per fare un bilancio dell'annata che volge al termine, secondo la quantità e qualità del raccolto
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Il pescatore di terra

Eppure, prima del tramonto, quando all’ultima rondine
regalerò lo stelo per il prossimo nido, sono certo
che come un pescatore di terra tornerò per la vendemmia,
a gettare le reti e raccogliere i frutti dell’età,
nella speranza di trovare una conchiglia dimenticata
a raccontarmi di te, come di una madre.
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( da N. Baronti La Via di Caterina. Guida storica con note poetiche,
La Versiliana Editrice, 2009)

mercoledì 8 settembre 2010

FESTA DELLA NATIVITA' DELLA VERGINE A VINCI


Natività della Vergine, Vinci Chiesa di Santa Croce
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LA NATIVITA' DELLA VERGINE
Una festa smarrita fra storia, aneddoti, leggende ed arte.
Vinci, 8 settembre
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Esiste un’opera di Leonardo nel suo paese natale? Oggi si esclude, salvo naturalmente qualche felice riscoperta. Tuttavia nel passato gli abitanti di Vinci erano convinti del contrario e ritenevano, almeno fino al XVII secolo, di possedere una pala di Leonardo, una Natività della Vergine, proprio nella chiesa di Santa Croce. Si trattava chiaramente di una tradizione orale molto importante, al punto che arrivò addirittura alle orecchie, prima dei dignitari di Corte, poi del Granduca, nel nostro caso, Cosimo III, spesso da queste parti avendo una villa a Cerreto Guidi. Naturalmente fu subito orchestrato dai machiavellici dignitari lo stratagemma per sottrarre ai poveri vinciaresi tale opera, sostenendo che l’asserto quadretto si trovasse in una Cappella della Serenissima Casa Medici della Prioria di Vinci. Come tutti gli storici locali insegnano una simile cappella non c’è mai stata a Vinci. Come era d’uso nel tempo, tuttavia, riconosciuta la mano del Maestro, il Granduca si sarebbe ripreso l’opera, in verità mai commissionata, per inserirla nelle Gallerie Fiorentine. In caso di resistenza della popolazione, l’opera sarebbe stata sostituita con una copia, come era avvenuto in altre località. Si ricordano casi simili, assai clamorosi, per esempio a Pescia, proprio per non dispiacere ai sudditi inferociti.
La curiosa vicenda è stata interamente ricostruita da Renzo Cianchi, grazie alle ricerche presso l’Archivio Mediceo, e pubblicata per la prima volta sul settimanale pistoiese, LA VITA nel dicembre 1978.
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Dalla corrispondenza del 1682 fra il Segretario di Stato, Antonio Bassetti, e il pittore “Architetto di Sua Altezza Serenissima” Pier Maria Baldi incaricato dei sopralluoghi si viene a sapere che il Segretario di Stato, incuriosito dalle voci di popolo su di una pala di Leonardo, si sarebbe recato a Vinci, avrebbe visto il quadro e pur rimanendo scettico avrebbe chiesto un parere autorevole al tecnico di fiducia perch’io per le poche cose vedute dell’Autore non mi arrisico à crederla sua quantunque vi siano alcuni putti assai belli, e di gran rilievo” ( lettera del 8.12.1682)
Nella terza lettera rinvenuta dal Cianchi, lo scettico Bassetti sollecita ancora il Baldi affinché si recasse a Vinci a vedere la pala e brevissimamente la descriveva “
rappresenta il Nascimento della Vergine Santissima, con diverse figure benissimo istoriate, ma di tinte sì fresche, che ciò solo par che renda sospetto il Nome dell’Autore, quantunque La tradizione di tutti i vecchi del Castello La ascriva a Lui”( dalla lettera del 12.12.1682). Purtroppo non abbiamo la risposta scritta del Baldi che relazionava direttamente a voce al dignitario di Corte. E’ certo che da allora la tradizione orale di una opera leonardiana a Vinci scompariva del tutto, salvo qualche reiterata voce che ogni tanto compare su presunte opere giovanili presenti nel territorio, mai confermate.
Dalla vicenda storica emerge che il quadro in oggetto era una Natività della Vergine, ancora presente nella Chiesa di Vinci.
L’opera tuttavia risulta datata, esattamente MDLXII (1562) fra le pieghe dell’asciugatoio bianco, a sinistra di chi guarda. Per cui risulta ancora più strano il clamore per non dire il baccano che si era venuto a creare intorno a tale opera alla fine del seicento.
Le successive attribuzioni non sono molto entusiastiche, almeno da parte di chi le ha compilate. Se in una vecchia catalogazione della Sovrintendenza alle Gallerie viene indicata come “ copia seicentesca di una composizione manieristica del tardo ‘500 toscano, forse di una opera di Sebastiano Vini, molto scadente “ come riporta il Cianchi nel suo articolo, la più recente critica l’attribuisce alla bottega di Francesco Brina, con un soggetto peraltro ripreso da una stampa nordica di Cornelis Cort (cfr. R. Proto Pisani- G. Romagnoli Vinci di Leonardo pag. 223).
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La vicenda comunque induce ad una osservazione e ad un sospetto.
La prima, come annota il Cianchi, è quella relativa alla considerazione e al rispetto che i vinciaresi (all’epoca si chiamavano ancora così) avevano di Leonardo. Nel 1600, il popolo di Vinci era già pienamente consapevole di avere una vera e propria “gloria” in casa, la cui fama peraltro sarebbe ancora aumentata nel tempo fino a diventare un mito.
La seconda è più di carattere storico. La Cappella dei Medici a Vinci – come tentava di sostenere il Segretario di Stato – non è mai esistita bensì, ed a questo punto si lascia lo scritto direttamente al Cianchi,“ il benefizio della Cappella o Altare della Natività di M.V. – i cui obblighi sono tuttora vigenti ed hanno preciso riferimento alla festività ricorrente l’8 settembre – è di origine antichissima. Se ne hanno notizie dal 1432 (forse l’anno stesso della fondazione) in atti del notaio Ser Giovanni di Ciuccio da Empoli, nell’Archivio di Stato di Firenze. In un contratto, poi del 1570 del notaio Mascherino Mascherini da Montecatini in Val di Nievole, esistente nell’archivio vescovile di Pistoia si attesta che i capitani e Consiglieri del Comune di Vinci (ripetiamo: non la famiglia Medici) ne sono qualificati per patroni ab immemorabili” ( cit. La Vita, 7.1.1979)
Viene da porsi tuttavia una domanda.

Se l’altare fu costruito nel 1432, con patroni addirittura i capitani e i consiglieri del Comune di Vinci, perché vi si trovava una pala datata 1562, che cosa c’era prima ? Non è che qualcuno forse, prima dei Medici, avesse già sostituito un quadro più antico che la gente del posto continuava ad attribuire al grande Vinciano ?
La pala della Natività della Vergine è ancora esposta nella chiesa di Santa Croce di Vinci. Si lascia al visitatore ogni considerazione. Merita comunque una visita, pur non essendo palesemente opera di Leonardo o bottega, ed uno sguardo, curioso per la vicenda narrata dal Cianchi, ma anche attento per quei pregi artistici che il Bassetti tuttavia gli attribuiva.
L’opera peraltro è stata interamente restaurata di recente dall’aretina Silvia Zampieri, una grande restauratrice che ha permesso la salvaguardia e conservazione di altre opere del paese.

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Un sincero ringraziamento della Dama di Bacco ancora una volta a Francesco Cianchi per la cortese segnalazione e alla restauratrice Lidia Cinelli, che già da tempo ci sottolineava la storia, l’importanza e la particolarità del restauro della suddetta opera, troppo spesso dimenticata.
E’ arrivato l’8 settembre, il giorno in cui viene ricordata la Natività della Vergine. Nel rispetto dell’antica festa e tradizione del popolo di Vinci, come promesso, la Dama di Bacco ricorda con piacere la passione e l’amore di queste persone che sono riuscite a tutelare e salvaguardare, con le proprie competenza e capacità, la memoria storica del paese e i suoi piccoli tesori.

domenica 5 settembre 2010

ECHI DALL'ESTATE 2010 : UN FILM SU CATERINA E LEONARDO FANCIULLO ?


Le prime scene dal set di Caterina, la madre di Leonardo,
regia di Graziana Forzoni su soggetto di Andrea Giuntini
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CATERINA di CAMPO ZEPPI,
PROTAGONISTA DI UN FILM
Una storia vinciarese
Agosto, 2010

Sì, è vero ! Dopo tanti comunicati stampa, rettifiche per alcune inesattezze contenute nelle iniziali informazioni giunte dalla stampa, grande clamore ed interesse suscitato a livello nazionale, sono iniziate le riprese del film dal titolo provvisorio Caterina madre di Leonardo, con la regia di Graziana Forzoni, che ha visto, come set cinematografico, per le prime scene, l’Ospedale del Bigallo di Bagno a Ripoli e il Pozzo Alfredo della Miniera di Montecatini Val di Cecina.
Il soggetto del cortometraggio nasce da un’idea dell’attore empolese, Andrea Giuntini, liberamente ispirato al piccolo libro di Nicola Baronti, LA VIA DI CATERINA. Guida storica e note poetiche per il ben camminatore, pubblicato nel 2009 da La Versiliana Editrice.
Il film è chiaramente dedicato alla figura di Caterina, la misteriosa madre di Leonardo da Vinci . Non intende offrire una ricostruzione storica della vicenda, peraltro oggetto di un acceso dibattito fra gli studiosi, bensì di esplorare poeticamente il misterioso rapporto che legava la madre con il figlio che custodiva in grembo. La via artistica, poetica, aperta dall’esperienza, tutta vinciarese, della Via di Caterina si ripropone quindi in una veste cinematografica, con un linguaggio ancor più ricco di forme evocative.
Di Caterina sappiamo soprattutto grazie agli studi di Renzo Cianchi, autore del testo Ricerche e documenti sulla madre di Leonardo, pubblicato dalla Giunti-Barbera nel 1975, testo ormai introvabile, forse meritevole di una nuova edizione, in considerazione anche dell’ulteriore contributo del figlio Francesco La madre di Leonardo era una schiava? Ipotesi di studio di Renzo Cianchi, pubblicato nel 2008, a cura di Alessandro Vezzosi e Agnese Sabato. A Caterina è inoltre dedicato il progetto di valorizzazione e promozione per la tutela e salvaguardia della valle del Vincio e di San Pantaleo del 2007, ideato, curato e realizzato anche sotto forma di percorso enoteatrale da Nicola Baronti e Diletta Lavoratorini, in collaborazione con le associazioni locali.


La Via di Caterina, Vinci 2009 - Caterina (Lisa Lavoratorini)
Foto di Camilla Boldrini

La nuova Caterina del film è la cantante Ilaria Savini, coinvolta anche nella colonna sonora per sottolineare, in modo ancor più marcato, la sua aderenza al personaggio. La regista Graziana Forzoni è autrice di video arte, cortometraggi e scenografie virtuali per spettacoli teatrali e concerti.
Da considerare – e non è da poco – che il film è completamente autofinanziato e si avvale della collaborazione di attori professionisti e non, musicisti, tecnici, semplici appassionati che prestano la loro opera per amore della loro terra e delle figure straordinarie che l’hanno attraversata. La produzione è di Chimera Vision in collaborazione con la TEDAVI di Alessandro Riccio.
Un’ultima curiosità. Se nella Via di Caterina vinciarese Leonardo non appariva ma era soltanto evocato dai personaggi, nel film si vedrà probabilmente un giovanissimo interprete, un fanciullo di due anni che si chiama Dario ( come il Sindaco di Vinci !) che interpreterà il nostro Leonardo fanciullo.

Un augurio dalla Dama di Bacco a tutti i protagonisti della nuova avventura cinematografica dedicata a Caterina, con la soddisfazione di aver anche noi contribuito con una piccola esperienza del microcosmo vinciarese che ha suscitato e ancora oggi sta suscitando tanto interesse, quasi amore, fuori dalle mura paesane.
Purtroppo, quest'anno, la Via di Caterina, sulle orme di Leonardo fanciullo il percorso enoteatrale da Vinci a San Pantaleo, con le incursioni poetiche, i personaggi reali e fantastici della biografia di Leonardo è sospeso, nella speranza di trovare nuovi sponsor e collaboratori per dare vita al grande affresco vinciano !
Speriamo quindi che almeno Caterina, madre di Leonardo possa avere la sua prima a Vinci per consegnare, idealmente, ai nuovi protagonisti il testimone della nostra Caterina, tutta vinciarese, come si chiamavano ai tempi di Leonardo gli abitanti di Vinci.
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Dama di Bacco, 2010