domenica 22 settembre 2013

IL FICO "VINCIANO". TERZA PARTE DELLA STORIA DEL FICO DI VINCI



Vinci e Anchiano (Dama di Bacco)

 IL FICO "VINCIANO"
I PENSIERI DI LEONARDO SUL "FICO":
IL GENIO E LA MORALE CONTADINA
(terza parte sulla storia del "fico" di Vinci)


Come non poteva lo spirito contadino innato nel Genio Vinciano prendere spunto da detti e modi di dire sulla pianta e il suo frutto per scrivere anche lui del “fico”?  Per di più, la nonna paterna, Lucia, veniva proprio da Bacchereto, piccola capitale del “fico secco” del Montalbano
Una sentenza e due favolette con una preziosa morale per gli uomini, non solo del suo tempo, costituiscono il contributo di Leonardo per questa particolare storia del “fico di Vinci”.

Anchiano, casa natale di Leonardo (Dama di Bacco)

Il fico

Il fico stando senza frutti, nessuno lo riguardava; volendo, col fare essi frutti, essere laudato da li omini, fu da quelli piegato e rotto. (Codice Atlantico, 76 r)


Il fico e l’olmo

Stando il fico vicino all’olmo, e riguardandolo i sua rami essere sanza frutti, e avere ardimento di tenere il sole a’ sua acerbi fichi, con rampogne gli disse:- O olmo, non hai tu vergogna a starmi dinanzi? Ma aspetta che i mia figlioli sieno in matura età, e vedrai dove ti troverai – I quali figlioli poi maturati, capitandovi una squadra di soldati, fu da quelli, per torre i sua fichi, tutto lacerato e diramato e rotto. Il quale, stando poi così storpiato dalle sue membra, l’olmo lo dimandò dicendo: O fico, quanto era il meglio a stare sanza figlioli, che per quelli venire in sì miserabile stato! (Codice Atlantico 76 r)

Bacchereto


Il fico e il castagno

Vedendo il castagno l’uomo sopra il fico, il quale piegava inverso sé i sua rami, e di quelli ispiccava i maturi frutti, e quali metteva nell’aperta bocca disfacendoli e disertandoli coi duri denti, crollando i lunghi rami e con temultevole mormorio disse:” O fico, quanto se’ tu men di me obrigato alla natura! Vedi come in me ordinò serrati i mia dolci figlioli, prima vestiti di sottile camicia, sopra la quale è posta la dura e foderata pelle, e non contentandosi di tanto beneficarmi, ch’ell’ha fatto loro la forte abitazione, e sopra quella fondò acute e folte spine, a ciò che le mani dell’homo non mi possino nuocere”. Allora il fico cominciò insieme co’ sua figlioli a ridere, e ferme le risa, disse:” Conosci l’omo essere di tale ingegno, che lui ti sappi colle pertiche e pietre e sterpi, tratti infra i tua rami, farti povero de’ tua frutti, e quelli caduti, peste co’ piedi e co’ sassi, in modo ch’e frutti tua escino stracciati e storpiati fora dell’armata casa; e io sono con diligenza tocco dalle mani, e non come te da bastoni e da sassi”. (Codice Atlantico, 67 r)

Il fico di Vinci (Dama di Bacco)
Gangalandi (continua)

sabato 14 settembre 2013

IL FICO DI VINCI. DAL CAMPO ALLA MENSA DEL CONTADINO. SECONDO IL CALENDARIO DI GANGALANDI: "SAN DONATO, I FICHI ALLA GRATA" (SECONDA PARTE)

Il fico di Vinci

 IL FICO DI VINCI
DAL CAMPO ALLA MENSA DEL CONTADINO
Il calendario di Gangalandi: la festa di San Donato
(Seconda parte)


“Pane e fichi, mangiar d’amici” è un antico detto che rivaluta un piatto genuino, seppure molto povero, della tradizione toscana. Il fico è cibo facilmente reperibile. Cresce vicino alle abitazioni dei contadini, sui ciglioni, vicino ai muri a secco, in modo promiscuo tra vigneti e oliveti. L’importante è piantarli già con una certa altezza, a differenza di quello che avviene per l’olivo  “chi vuol ingannare il suo vicino ponga l’olivo grosso e il fico piccolino”.  La massiva coltivazione, un tempo, era dettata dal fatto che questi frutti non erano oggetto del patto della mezzadria e quindi finivano interamente sulle mense delle famiglie coloniche. Peraltro è cibo che sostiene moltissimo. Occupa poco posto e può essere conservato come riserva. In tale senso sono famosi i “fichi secchi”. Molto comuni dalle nostre parti al punto di “non valere nulla” secondo il detto locale ovvero “ non vali un fico secco” o peggio, in un maschilismo “bieco”, come oggi si definirebbe, per i “ fichi secchi e figlie femmine il primo prezzo è angelo”, ovvero è bene smerciarli subito, al primo prezzo. Sono anche ben poca cosa agli occhi ingordi, al punto tale da non “potere fare le nozze coi fichi secchi”. 


La procedura per la realizzazione del fico secco è antichissima. La qualità di fichi che si presta maggiormente all’essicazione è la varietà dottato. Appena raccolti vengono spaccati in modo longitudinale e aperti in due coni collocati in piedi sui “canniccioni”, messi in ambiente confinato e sottoposti all’azione dei vapori di zolfo. In seguito vengono esposti al sole sui canicci, durante il giorno, e riposti in casa la sera, per essere conservati e mangiati nell’inverno. Spesso vengono tra di loro uniti con un seme d’anice formando le note picce. La capitale del “fico secco” è senza dubbio Carmignano, in particolare la frazione di Bacchereto, dalla quale proveniva anche la nonna di Leonardo.


San Donato.
 Particolare della tela della Chiesa di San Donato in Greti- Vinci 
Con cosa si abbina il fico secco? Secondo alcuni detti solo all’acqua  “al fico l’acqua alla pera il vino”, anche se tutti non sono concordi. In ragione del grande apporto calorico possono far cresce la pancia “l’uva nera fa crescere le tette e il fico la pancia” e non si consiglia di farne uso a cena, probabilmente a causa del loro ingente apporto calorico: “fico di sera intima la morte”. Il contadino naturalmente sottolinea che “quando son finiti i fichi e l’uva d’otto cacate diventano due”. Come già visto al pari del fico secco non sembra valere nulla neppure il legno di fico: “con il legno di fico la fiamma non fa lume”,“con il legno di fico non si scalda la moglie né il marito”, sempre in riferimento alle figlie da maritare “meglio avere un cattivo marito che un legno di fico”.

Secondo la tradizione e il calendario contadino i Santi legati ai fichi sono soprattutto due, peraltro entrambi molto legati al territorio di Vinci, una frazione addirittura ne porta il nome: “a San Rocco si stimano i fichi e il porco” e “San Donato, i fichi alla grata”.

I detti e i motti sui fichi sono tantissimi, proprio come la loro presenza sul territorio. I più belli sono però i seguenti, almeno per chi scrive. Legati al rapporto fico e donna: “Donna alta per cogliere fichi donna bassa per marito”, “Fico basso  e fantesca d’osteria palpeggiando si matura”. Senza dubbio quello che meglio descrive il nostro frutto è il famoso detto che “il fico vuole avere due cose, collo d’impiccato (il collo del fico maturo si torce) e camicia di furfante (la pelle si screpola come la camicia del furfante s’increspa)”.

Gangalandi