Vinci e Anchiano (Dama di Bacco)
IL FICO "VINCIANO"
I PENSIERI DI LEONARDO SUL "FICO":
IL GENIO E LA MORALE CONTADINA
(terza parte sulla storia del "fico" di Vinci)
Come non
poteva lo spirito contadino innato nel Genio Vinciano prendere spunto da detti
e modi di dire sulla pianta e il suo frutto per scrivere anche lui del “fico”? Per di più, la nonna paterna, Lucia, veniva
proprio da Bacchereto, piccola capitale del “fico secco” del Montalbano
Una sentenza
e due favolette con una preziosa morale per gli uomini, non solo del suo tempo,
costituiscono il contributo di Leonardo per questa particolare storia del “fico di
Vinci”.
| Anchiano, casa natale di Leonardo (Dama di Bacco) |
Il fico
Il fico
stando senza frutti, nessuno lo riguardava; volendo, col fare essi frutti,
essere laudato da li omini, fu da quelli piegato e rotto. (Codice Atlantico, 76
r)
Il fico e l’olmo
Stando il
fico vicino all’olmo, e riguardandolo i
sua rami essere sanza frutti, e avere ardimento di tenere il sole a’ sua acerbi
fichi, con rampogne gli disse:- O olmo, non hai tu vergogna a starmi dinanzi? Ma
aspetta che i mia figlioli sieno in matura età, e vedrai dove ti troverai – I quali
figlioli poi maturati, capitandovi una squadra di soldati, fu da quelli, per
torre i sua fichi, tutto lacerato e diramato e rotto. Il quale, stando poi così
storpiato dalle sue membra, l’olmo lo dimandò dicendo: O fico, quanto era il
meglio a stare sanza figlioli, che per quelli venire in sì miserabile stato!
(Codice Atlantico 76 r)
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| Bacchereto |
Il
fico e il castagno
Vedendo
il castagno l’uomo sopra il fico, il quale piegava inverso sé i sua rami, e di
quelli ispiccava i maturi frutti, e quali metteva nell’aperta bocca
disfacendoli e disertandoli coi duri denti, crollando i lunghi rami e con
temultevole mormorio disse:” O fico, quanto se’ tu men di me obrigato alla
natura! Vedi come in me ordinò serrati i mia dolci figlioli, prima vestiti di
sottile camicia, sopra la quale è posta la dura e foderata pelle, e non
contentandosi di tanto beneficarmi, ch’ell’ha fatto loro la forte abitazione, e
sopra quella fondò acute e folte spine, a ciò che le mani dell’homo non mi
possino nuocere”. Allora il fico cominciò insieme co’ sua figlioli a
ridere, e ferme le risa, disse:” Conosci l’omo essere di tale ingegno, che lui
ti sappi colle pertiche e pietre e sterpi, tratti infra i tua rami, farti
povero de’ tua frutti, e quelli caduti, peste co’ piedi e co’ sassi, in modo
ch’e frutti tua escino stracciati e storpiati fora dell’armata casa; e io sono
con diligenza tocco dalle mani, e non come te da bastoni e da sassi”. (Codice
Atlantico, 67 r)
| Il fico di Vinci (Dama di Bacco) |
Gangalandi (continua)


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